We Have a Dream - Roma, 04/09/2009



Stampa, Freedom House declassa l'Italia

"Non è più un Paese pienamente libero"

L'organizzazione non governativa segnala in generale nel rapporto 2009 un peggioramento delle condizioni di libertà di manifestazione del pensiero e dei media.
Nell'Europa Occidentale il nostro è l'unico Paese 'partly free' seguito solo dalla Turchia. Al primo posto l'Islanda e i Paesi scandinavi.

di ROSARIA AMATO (Repubblica, 1 maggio 2009)ROMA - La libertà di stampa si sta riducendo in tutto il mondo, e l'Italia non è esente da questa forma di degrado. Nel rapporto 2009 di Freedom House (organizzazione autonoma con sede negli Stati Uniti, che si pone come obiettivo la promozione della libertà nel mondo), infatti il nostro Paese viene declassato per la prima volta da Paese 'libero' (free) a 'parzialmente libero' (partly free), unico caso nell'Europa Occidentale insieme alla Turchia.

Le ragioni della retrocessione dell'Italia sono molteplici, spiegano gli estensori del Rapporto, che esamina la libertà di stampa in 195 Paesi da quasi 30 anni (dal 1980): "Nonostante l'Europa Occidentale goda a tutt'oggi della più ampia libertà di stampa, l'Italia è stata retrocessa nella categoria dei Paesi parzialmente liberi, dal momento che la libertà di parola è stata limitata da nuove leggi, dai tribunali, dalle crescenti intimidazioni subite dai giornalisti da parte della criminalità organizzata e dei gruppi di estrema destra, e a causa dell'eccessiva concentrazione della proprietà dei media".

Più in dettaglio, Freedom House riconosce che, in generale, in Italia "la libertà di parola e di stampa sono costituzionalmente garantite e generalmente rispettate, nonostante la concentrazione della proprietà dei media". Ma è proprio quest'ultimo il punto dolente. Certo, c'è la legge Gasparri, rispetto alla quale l'organizzazione avalla le critiche secondo le quali introduce norme che favoriscono l'attuale presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ci sono i tanti processi per diffamazione a carico di altrettanti giornalisti, Freedom House ne cita alcuni tra i più eclatanti, tra i quali quelli a carico di Alexander Stille e di Marco Travaglio.Ma il punto veramente dolente, a giudizio dell'organizzazione, è costituito "dalla concentrazione insolitamente alta della proprietà dei media rispetto agli standard europei". Berlusconi, affermano senza reticenze gli autori del rapporto, controlla attraverso il governo la Rai, e possiede Mediaset. E la crisi di La7 non ha certo giovato in questo panorama.

Tra i Paesi europei, anche la Grecia ha subito un significativo arretramento: precede infatti l'Italia di una sola postazione, e tuttavia mantiene la valutazione 'free', a differenza del nostro Paese. La quartultima posizione nell'Europa Occidentale è occupata dalla Grecia, preceduta, a parità di giudizio, da Malta, Francia e Cipro. Nella classifica generale l'Italia è al settantunesimo posto, a pari merito con Benin e Israele (tutti e tre primi 'partly free' della tabella).

I Paesi più liberi dell'Europa Occidentale sotto il profilo della libertà di stampa, sono, a giudizio di Freedom House, l'Islanda (primo), la Finlandia e la Norvegia (secondi), la Danimarca e la Svezia (quarti). Gli stessi Paesi sono anche in cima alla classifica generale. I primi Paese non europei nella classifica mondiale della libertà di stampa redatta da Freedom House sono la Nuova Zelanda e la Repubblica di Palau, all'undicesimo posto a pari merito con il Liechtenstein. Gli Stati Uniti arrivano solo al ventiquattresimo posto, a pari merito con la Repubblica Ceca e con la Lituania (rientrano ampiamente comunque tra i Paesi che godono di una libera stampa).

Ma la situazione europea, a parte il significativo deterioramento del clima in Italia, è decisamente positiva rispetto a quella di altre aree del mondo. "La professione giornalista è attualmente alle corde - denuncia Jennifer Windsor, direttore esecutivo di Freedom House - e sta lottando per rimanere in vita, stremata dalle pressioni dei governi e di altri potenti soggetti e dalla crisi economica globale. La stampa è la prima difesa della democrazia e la sua vulnerabilità ha enormi implicazioni per la sua tenuta, se i giornalisti non sono in grado di tener fermo il loro tradizionale ruolo di controllori dei poteri".

Poco più di un terzo dei 195 Paesi esaminati garantiscono attualmente la libertà di stampa: sono classificati 'free' solo 70 Stati, il 36% del campione. Sessantuno (il 31%) sono 'parzialmente liberi' e 64 (il 33%) sono 'non liberi'. Secondo l'indagine, solo il 17% della popolazione mondiale vive in Paesi che godono di una stampa libera. La situazione è particolarmente peggiorata, oltre che in Italia, nell'Est asiatico, mentre per alcuni Paesi dell'ex Unione Sovietica, del Medio Oriente e del Nord Africa Freedom House parla di vere e proprie intimidazioni nei confronti della stampa libera.

Un significativo passo in avanti è stato registrato dalle Maldive, passate dalla categoria 'not free' a quella 'free' grazie all'adozione di una nuova costituzione che protegge la libertà di manifestazione del pensiero, e al rilascio di un importante giornalista, detenuto in carcere. Decisi peggioramenti si sono registrati in Cambogia ('not free'), Paese nel quale sono aumentate le forme di intimidazione e di violenza nei confronti dei giornalisti; Hong Kong ('partly free'), a causa delle eccessive forme di pressione esercitate dalla Cina, la stessa Cina e Taiwan; Bulgaria, Croazia, Bosnia e Russia; Israele, dove le pressioni sui giornalisti sono fortemente aumentate nel corso dell'ultimo conflitto a Gaza; Senegal e Madagascar; Messico, Bolivia, Ecuador, Guatemala e Nicaragua.

Le crisi dimenticate nel 2008

MSF pubblica il rapporto sulle crisi dimenticate nel 2008
Sempre meno notizie sulle crisi umanitarie nei TG italiani

Roma – Medici Senza Frontiere (MSF) pubblica oggi il nuovo rapporto sulle crisi umanitarie più gravi e ignorate dai media nel 2008. Il rapporto contiene la “top ten” delle crisi umanitarie e un’analisi realizzata in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia sullo spazio dedicato alle crisi umanitarie dai principali telegiornali della televisione generalista in Italia.

Le dieci crisi umanitarie identificate da MSF come le più gravi e ignorate nel 2008 sono: la catastrofe umanitaria in Somalia; la situazione sanitaria in Myanmar; la crisi sanitaria nello Zimbabwe; i civili nella morsa della guerra nel Congo Orientale (RDC); la malnutrizione infantile; la situazione critica nella regione somala dell’Etiopia; i civili uccisi o in fuga nel Pakistan nord-occidentale; la violenza e la sofferenza in Sudan; i civili iracheni bisognosi di assistenza; la coinfezione HIV-TBC.

L’analisi delle principali edizioni (diurna e serale) dei telegiornali RAI e Mediaset conferma la tendenza riscontrata negli ultimi anni di un calo costante delle notizie sulle crisi umanitarie, che sono passate dal 10% del totale delle notizie nel 2006, all’8% nel 2007 fino al 6% (4901 notizie su un totale di 81360) nel 2008.

Di queste, solo 6 sono quelle dedicate all’Etiopia, dove la popolazione della regione somala, intrappolata negli scontri tra gruppi ribelli e forze governative, continua a essere esclusa dai servizi essenziali e dagli aiuti umanitari, e nessuna alla coinfezione HIV-TBC, nonostante la TBC sia una delle principali cause di morte per le persone affette da HIV/AIDS e circa un terzo dei 33 milioni di persone con HIV/AIDS nel mondo è affetto da TBC in forma latente.

Per altri contesti dove sono in corso da anni gravi crisi umanitarie, l’attenzione dei media si concentra esclusivamente su un breve lasso temporale in coincidenza con quello che viene identificato come l’apice della crisi. È il caso del Myanmar, di cui i nostri TG si occupano solamente in occasione del ciclone Nargis, che pure rappresenta solamente l’ennesimo colpo inferto a una popolazione quasi dimenticata dal resto del mondo, dove l’HIV/AIDS continua a uccidere decine di migliaia di persone ogni anno, la malaria continua a restare la principale causa di morte e ogni anno vengono diagnosticati 80mila nuovi casi di tubercolosi. Ed è il caso della provincia del Nord Kivu nella Repubblica Democratica del Congo, dove anche nel 2008 sono proseguiti i combattimenti tra l’esercito governativo e diversi gruppi armati, che sono degenerati in una vera e propria guerra a partire da agosto, che ha provocato la fuga di centinaia di migliaia di persone. I nostri TG hanno parlato della crisi unicamente in occasione dell’assedio della città di Goma a ottobre e novembre, e già a dicembre la situazione era tornata a essere una crisi dimenticata.

Nel caso di crisi umanitarie cui i TG hanno dedicato uno spazio notevole, come l’Iraq o il Pakistan, va tuttavia notato come le notizie relative alla drammatica situazione umanitaria della popolazione civile irachena o di quella del Pakistan nord-occidentale, rappresentano una netta minoranza. Vengono invece privilegiate, nel caso dell’Iraq, oltre alla cronaca degli attentati, notizie incentrate sul coinvolgimento italiano o statunitense nelle vicende irachene; nel caso del Pakistan, le elezioni e gli attentati.

Infine, anche per il 2008 viene confermata la tendenza, da parte dei nostri media, di parlare di contesti di crisi soprattutto laddove riconducibili a eventi e / o personaggi italiani o comunque occidentali. Emblematici in questo senso sono la crisi in Somalia, a cui i TG hanno dedicato 93 notizie (su 178 totali) che coinvolgevano uno o più nostri connazionali; la malnutrizione infantile, di cui si parla principalmente in occasione di vertici della FAO o del G8; il Sudan, cui si fa riferimento principalmente per iniziative di sensibilizzazione che vedono coinvolti testimonial famosi e per notizie circa l’inchiesta da parte della Corte Penale Internazionale per il presidente del Sudan.

“Medici Senza Frontiere (MSF) è nata con l’obiettivo di portare soccorso alle popolazioni in pericolo e di testimoniare della loro situazione. L’azione di testimonianza, che significa raccontare la vita e le sofferenze delle popolazioni vittime della guerra, delle malattie e delle catastrofi naturali, è per noi essenziale”, afferma Kostas Moschochoritis, direttore generale di MSF Italia. “Raccontare significa anche sollevare un problema che altrimenti rischia di rimanere sconosciuto, significa richiamare alle proprie responsabilità nei confronti delle popolazioni in pericolo i governi e le istituzioni, significa lanciare un grido d’allarme quando persino la nostra azione, l’azione umanitaria, viene ostacolata. È spesso difficile, in Italia ma anche nel resto del mondo, raccontare la vita e le sofferenze dei milioni di persone che incontriamo e curiamo ogni anno in oltre 60 paesi del mondo. Per questo MSF è impegnata in un’azione di stimolo costante nei confronti dei mass media affinché non tralascino di informare sulle realtà dei tanti contesti di crisi nel mondo, nell’erronea convinzione che questi non interessino. La nostra speranza è che i media italiani accettino la sfida di raccontare le crisi umanitarie, nella consapevolezza che raccontarle sia il primo passo per affrontarle e risolverle, aderendo alla campagna ADOTTA UNA CRISI DIMENTICATA.”

(11/03/2009 da http://www.msf.it/)

Free Tibet

Oggi davanti a Montecitorio alle 15,30 ci sarà un sit-it con monaci tibetani e attivisti in commemorazione del cinquantesimo anniversario dell'invasione cinese del Tibet. Poi partirà una fiaccolata silenziosa che raggiungerà il colosseo.

Il 10 marzo 1959 l'esercito di "liberazione" maoista cinese reprimeva nel sangue un'insurrezione popolare nella capitale tibetana di Lhasa. Da quella data l'intero Tibet passò definitivamente sotto il controllo militare e politico cinese. Il Dalai Lama fu costretto alla fuga in India, per evitare la propria uccisione. Da allora in Tibet regna la legge marziale. Campi di concentramento ospitano migliaia di persone il cui solo crimine è il rifiuto dell'ideologia del "materialismo storico" comunista, nella forma della mancata abiura delle proprie convinzioni religiose e della mancata adesione formale agli ideali politici di Pechino.

Tesori d'arte e interi monasteri sono stati distrutti col fuoco, specialmente negli anni '60, durante la "rivoluzione culturale", con cui Mao decise di sradicare ogni sentimento popolare del quale potesse rinvenirsi un'origine "tradizionale" e "antirivoluzionaria". Milioni di esseri umani sono stati torturati e uccisi, non solo in Tibet, ma nell'intera Cina. Si volevano colpire gli atteggiamenti e le credenze buddhiste, taoiste e confuciane. Spesso, una delle tecniche, era quella di spingere i figli a rinnegare i genitori, e anche a ucciderli, per mostrare zelo rivoluzionario e fedeltà al partito. In Tibet, la violenza prese di mira soprattutto i monaci, accusati di essere signorotti feudali sfruttatori di contadini. La tortura sistematica e la detenzione nei campi di concentramento sono stati e sono tuttora il metodo principale di "rieducare" e "liberare" il popolo tibetano dall'oppressione capitalistica e religiosa. Il Tibet è oggetto di un genocidio culturale, il tibetano è proibito, i giovani devono imparare solo il cinese, la devozione religiosa è semi-illegale e persino tenere un'immagine del Dalai Lama può condurre un tibetano in carcere.

Pochi giorni fa, un monaco s'è dato fuoco per portesta in una delle regioni tibetane. Le violenze del regime si stanno esasperando in questi giorni, perché l'imminenza della ricorrenza del cinquantesimo anniversario della sommossa di Lhasa coincide con quello del 10 marzo scorso, in cui scoppiarono sommosse a Lhasa e furono represse nel sangue.

Manifestare pacificamente e in silenzio martedi prossimo è un modo per star vicino a questa gente che soffre violenze atroci da 50 anni.

L'analisi del Clarìn su Vaticalia


LA ALIANZA CONSERVADORA ENTRE EL PAPA Y SILVIO BERLUSCONI
Benedicto XVI, fiel a la vocación del Vaticano de interferir en los asuntos italianos
El reciente debate sobre la eutanasia dejó en claro la injerencia de la Iglesia en la política del país.
(di Julio Algañaraz, Clarìn, Argentina - 16/02/2009)

Un mexicano que recordara el dicho célebre del general Obregón, lo adaptaría así: "Pobre Italia, tan lejos de Dios y tan cerca del Vaticano". Han pasado dos mil años desde que Cristo se le apareció a Simón de Galilea y le dijo que, con el nombre de Pedro, sería la piedra miliar fundadora de la Iglesia. La única institución que ha sabido sobrevivir y prosperar durante tanto tiempo en este mundo incalificable, sostiene, como es lógico, que no es del todo humana pero sí es seguramente romana. Italia es la patria concreta de la historia del catolicismo. Sus Papas universales la han gobernado en buena parte durante siglos, han matado mucha gente cuando creían que no había otro remedio y nunca han dejado de meterse en la vida del país considerándose por encima de sus leyes si hace falta. Benedicto XVI, el alemán Joseph Ratzinger -que está por cumplir en abril 82 años de edad y cuatro de pontificado-, no es una excepción a la regla. Al contrario, convencido de que así debe ser gracias a su coherente intransigencia religiosa tradicionalista, desde que llegó ha acentuado la vocación de la injerencia que los laicos le reprochan.

La piedra del escándalo de la creciente presencia sofocante del Vaticano en la vida de los italianos ha sido el caso de Eluana Englaro, la ragazza que quedó en estado vegetativo por un accidente de tránsito y pasó 17 años en coma. Sus padres hicieron una larga batalla para interrumpir la alimentación artificial y dejarla morir en paz.

Pero en los tiempos del Papa Ratzinger esto es imposible, aunque la justicia italiana, con un fallo final de la Corte de Casación, haya sentenciado que debía aplicarse la voluntad de los padres y concluir con el ensañamiento terapéutico. Varios altos personajes del Vaticano y la Iglesia italiana, que debía obedecer, dijeron que por encima de las leyes está el derecho natural y que la vida "no es un bien disponible".

Sobre Peppino Englaro, el padre de Eluana, el Vaticano desató una feroz campaña acusándolo directamente de asesino por boca de varios cardenales. El premier Silvio Berlusconi participó activamente de la carrera contra el tiempo apareado al Vaticano, que el diario español El País calificó de "vergonzosa". Cuando Eluana murió, las acusaciones se hicieron más intensas.

El presidente italiano, Giorgio Napolitano, también fue indirectamente acusado de asesinato por los políticos conservadores del gobierno.

El Vaticano y la Iglesia italiana, que siempre se opusieron a aprobar una ley de Testamento Biológico, encontraron en esta batalla -que ha lacerado profundamente a Italia, dividiendo el país en dos entre católicos obedientes y laicos indignados- la oportunidad para promover una ley que en realidad sirva para poner restricciones al por mayor hasta esterilizar sus efectos. Alimentos y agua no podrán ser suprimidos, la voluntad sobre el fin de la vida deberá ser registrada por un escribano con la contrafirma de un médico, que tendrá que renovarla cada tres años.

Este fin de semana comenzaron las inevitables protestas de algunos sectores laicos. El senador del Partido Democrático de la oposición de centroizquierda, Ignacio Marino, un médico, reclamó prepararse a la batalla. "Si el proyecto de ley (que comenzaría a discutirse a principios de marzo en el Parlamento) sale como está proyectado, tendremos que organizar un referendum popular para su abrogación", dijo.

Marino prometió a los políticos conservadores y al Vaticano "un brusco despertar" en nombre de los derechos civiles italianos.

Para el neurólogo de Eluana, Carlo Alberti Defanti, la ley es un gran paso atrás. "Creo -dijo Defanti - que sería preferible que no haya ninguna ley".

La agitación que va ganando el campo político tiene un escenario dramático, el del partido Democrático. Fundado hace menos de dos años como confluencia de los ex comunistas moderados y de un sector de los democristianos, los enfrentamientos debido a la injerencia del Vaticano y al llamado "proyecto cultural" que elaboró el cardenal Camillo Ruini, ex vicario del Papa en Roma, están llevando a enfrentamientos que podrían desembocar en una ruptura. "Si seguimos así, vamos a la escisión", proclamó el líder del ex partido católico La Margarita, Francesco Rutelli.

Rutelli fue el "capo" de los radicales y era un verdadero "comecuras". Hasta que dio una gigantesca voltereta y es hoy un católico de estrecha observancia, jefe de la minoría cristiana del partido Democrático.

En el medio se encuentra la figura patética de Walter Veltroni a quien Berlusconi humilló en las elecciones de mayo de 2007. Veltroni imaginó la alianza de ex comunistas y ex democristianos, que hoy está sucumbiendo por las peleas irremediables en los temas de moral. Massimo D'Alema y Pierluigi Bersani encabezan una fronda para echar al fracasado Veltroni. Para el Papa esta es la batalla de la ética y contra el relativismo moral que está ahogando a Occidente e Italia es el único escenario concreto en el que puede poner en práctica sus rígidas convicciones gracias a un aliado como Silvio Berlusconi.

No Vat, Roma 15/02/2009

Carnevale laico e San Valentino anticonformista. Migliaia di persone a Roma per rivendicare autodeterminazione e diritti
«Fuori il Vaticano dallo Stato e dai letti»
Per la quarta volta sfilano i No Vat

Un po' carnevalone anticlericale, un po' san valentino anticonformista, un po' pride e un po' corteo. Irriverente, ironico, rumoroso, determinato, pungente. Per la quarta volta il coordinamento Facciamo Breccia è riuscito a dare forme alle istanze della laicità e ai desideri di libertà con un corteo di migliaia di persone giunte da tutta Italia che è sciamato fino a Campo de' fiori, attorno alla statua di Giordano Bruno, simbolo dell'irriducibilità all'oscurantismo.

Lo hanno chiamato No Vat con evidente contaminazione con altre resistenze. Un cupolone sbarrato, nelle bandiere bianche, lo slogan "Più autodeterminazione, meno Vaticano". In piattaforma: l'abolizione del concordato e dell'ora di religione, la piena cittadinanza e uno stato sociale per tutti.

Quanti saranno stati? Il colpo d'occhio era quello di Via Cavour piena dal curvone dove c'è il metro fino ai Fori Imperiali. Il corteo era fittissimo, l'età media notevolmente abbassata dai giovanissimi come Sveva: bionda parruccata, il manto azzurro e la tunica candida, Sveva sembra proprio una madonna ma un cartello sul grembo avverte "Se mi stai vedendo vuol dire che hai assunto delle droghe".

Intanto il corteo passa sotto il Campidoglio e coi fischi ricorda ad Alemanno il carattere antifascista di questo movimentarsi: essere antifascisti vuol dire battersi contro razzismo, sessismo, omofobia, ricorda la speaker dal camioncino di testa. «Una manifestazione quanto mai necessaria - spiega Graziella Bertozzo, veneta ma bolognese di adozione e animatrice di Azione Gay lesbica - è stata fondamentale l'esperienza dei social forum per farci capire che il Vaticano è una multinazionale che vende un modello di comportamento funzionale al neoliberismo». Si interrompe un attimo perché c'è da riparare l'aureola a una manifestante, poi riprende: «Con la repressione e la normazione dei corpi ci vuole far tornare ai corpi di genere, a una famiglia custode dell'egoismo sociale. Per il neoliberismo che abbatte ogni forma di welfare è un'esigenza fondamentale avere le donne a casa a procreare e cucinare per l'uomo cacciatore».

Lo sfondo in cui si muove la manifestazione è quello di una Roma blindata per il G7 e di una società invasa dal Vaticano. Qualche cartello lo definisce una "Guantanamo mentale". «Non vogliamo parlare di religione ma di politica - chiarisce Elena Biagini, fiorentina trapiantata a Roma, anche lei di Facciamo Breccia - la Chiesa è un potere reale che nessuno sceglie. Non è solo una questione di ingerenza, è una vera alleanza tra poteri». Così si finisce a discutere dei paradossi: i credenti sono sempre meno ma i partiti sono sempre più genuflessi; la famiglia etero e cattolica è una minoranza; il mondo Glbtqi conquista visibilità in alcuni campi (dallo spettacolo al cinema alla moda) ma crescono omofobia e transfobia. Dice ancora Biagini: «Ne mandi uno all'Isola dei famosi e mille al Cpt».

Una voce al microfono scandisce le connessioni tra gli anatemi di un papato integralista, le ordinanze dei sindaci sceriffi sui corpi, sulle vite e sulla morte e gli attacchi alla scuola e alla sanità pubbliche. «E tutte le richieste sui diritti civili e umani sono ormai fuori dall'agenda politica istituzionale - ricorda Federica Pezzoli, del coordinamento trans Sylvia Rivera - si negano le cure ai migranti, si schedano i senzacasa, si archiviano le proposte di cambio del nome e del sesso sui documenti anche senza intervento agli organi genitali primari e la Chiesa continua a negare la libertà di scelta e la depenalizzazione dell'omosessualità».

«Berlusconi, come Bush, ha in corso un tentativo di stato etico - annota Giovanni Russo Spena, di Rifondazione comunista - per imporre il disciplinamento sociale». Il Prc è presente con uno striscione e molte bandiere mescolate al corteo. Alla partenza passa Paolo Ferrero, segretario nazionale, a segnalare l'internità alla battaglia per la laicità dello Stato. Presenti anche Sinistra critica, il Pcl con Marco Ferrando, i Cobas con Piero Bernocchi ma l'ossatura dello sfilamento è data dalla miriade di collettivi e associazioni del mondo gay, lesbo e trans con i radicali dell'associazione Coscioni, le donne dell'Onda anomala e gli atei dell'Uaar.

«I temi di oggi saranno centrali nella prossima fase - commenta Flavia D'Angeli di Sc - perché le destre risponderanno alla difficoltà di governare la crisi del capitalismo assumendo un volto integralista». Rispetto a quattro anni fa, «quando c'era l'euforia della prima volta, oggi ci sentiamo meno isolati - dice a Liberazione, Porpora Marcasciano, anima del Mit, il movimento italiano transessuale - ieri ci chiedevano attenzione verso gli equilibri politici, oggi lo scenario è cambiato, sentiamo che c'è un'esigenza di riconoscerci sia a sinistra, sia nel movimento Glbtq».

Note di colore: studenti con il copricapo da suora, un sansebastiano "eretico erotico" che sfila legato a un palo, suoni di cornamusa atea, samba pink, canzoni di Rettore, Raffaella Carrà, Bertè e altre icone gay, il gonfalone del comune di Sodoma e lo striscione del movimento raeliano (credono ai marziani ma sono atei). L'unico pacchetto sicurezza ammesso è quello che contiene profilattici contro infezioni e nascite irresponsabili. A un certo punto si sparge la voce che la polizia vorrebbe sequestrare una caricatura di Ratzinger "nazi". La issano i ragazzi di Mega (Movimento emergente giovani anticlericali) autori di una rivista online e di letture pubbliche, che sfileranno in pace fino alla fine.

(di Checchino Antonini, Liberazione, 15/02/2009)

La castità dei monaci buddhisti

(by Francesco)



Qualcuno si è mai chiesto la ragione della castità praticata dai monaci buddhisti?

C'è infatti chi si domanda: "che c'è di male nella sessualità, se praticata tra persone consenzienti e senza ledere terzi?".

Niente, da un punto di vista "mondano". E qui sta il nocciolo della questione. Per capire come mai la sessualità viene proibita ai monaci bisogna andare alle radici culturali del "buddhismo", al contesto storico in cui nacque.

Userò due chiavi di lettura per interpretare la questione, una potremmo dire "marxistoide", perché addita la struttura economica come causa sostanziale dei fenomeni sociali, l'altra "spiritualoide", che guarda alla tensione umana universale verso la trascendenza, e in un certo senso prescinde dalla composizione economico-sociale.

Il contesto da prendere in esame è quello dell'India settentrionale di 2500 anni fa. Quel contesto era del tutto diverso da quello indiano attuale, e molto simile a quello della Grecia classica. Una moltitudine di piccoli regni e repubbliche relativamente autonomi, di impronta agricola, ma che stavano rapidamente trasformandosi in realtà urbane commerciali. Piccole città-stato molto simili a quelle greche. E come in Grecia, anche nell'India del nord, la trasformazione da un'economia agricola a una mercantile stava provocando grandi sommovimenti sociali, grandi inquietudini, che accompagnavano il sorgere di una classe sociale media, in un certo senso paragonabile alla piccola borghesia europea nata con la riforma protestante. Questa classe media si sosteneva principalmente coi commerci.

La realtà rurale arcaica dell'India era quindi in crisi. Con essa, cominciarono a venir messe in discussione anche la religione tradizionale, e la rigida struttura sociale, improntata sulla famiglia patriarcale e le caste. Così, in quegli anni, come in Grecia nascevano le scuole filosofiche, e singoli maestri contornati da discepoli si interrogavano sui principi primi che regolavano la natura, anche in India gruppi sempre più numerosi di persone si ritiravano dalla società, inquieti delle sue regole e polemici verso la ritualità fossilizzata della religione arcaica, e cominciavano a far vita nomade, con lo scopo di trovare il senso della vita (detto in termini moderni).

Il segno visibile esteriore che comunicava il loro status di persone usicte volontariamente dalla società era il fatto di radersi barba e capelli, e di vestirsi di un saio di color zafferano. La loro scelta era una rinuncia sociale, in primo luogo. Sceglievano di boicottare la società arcaica e formalistica, di lasciare le caste di appartenenza, di non lavorare, vivendo di elemosina.

Praticavano la castità, perché boicottare il matrimonio, pilastro della società, era uno strumento formidabile di rottura con l'ordine costituito. Fin qui la spiegazione marxistoide, cmq utile fino a questo punto.

Questi personaggi che rinunciavano alla vita sociale per andare alla radice del senso della vita furono chiamati "rinuncianti", asceti... "Samana" era il termine sanscrito. La veste giallo-zafferano e la testa rasata venivano subito identificati nella società indiana d'allora come i segni di un samana (anche se alcuni samana a posto di radersi si lasciavano crescere i capelli all'infinito, ammassandoli poi in quelle trecce che oggi vengono chiamate dreadlocks, o rasta... ma lo scopo era lo stesso: identificare il soggetto come "ribelle", "asceta", "deviante"). Un ribelle, uno che non condivideva la società così com'era impostata, e che quindi se ne "tirava fuori", rinunciando a ogni possesso e status sociale, per la propria ricerca spirituale.

Tuttavia i samana erano generalmente ben tollerati, e anzi - e questa è una caratteristica tipica dell'animo indiano, sopravvisuta fino ad ora - chi lasciava tutto alla ricerca della verità, chi rinunciava, era ammirato e rispettato. La letteratura antica indiana è piena di aneddoti in cui il re si reca dal maestro samana per interrogarlo su questioni filosofiche. Non è il samana che va a corte, è il re che va a inchinarsi al rinunciante.

E qui si rende necessario il criterio spiritualoide. L'economia non basta. La visione spirituale di base dell'India di allora era che la natura è un immenso gioco cosmico che noi percepiamo in maniera distorta, come un effetto ottico. E' un'enorme illusione sensoriale, un gigantesco miraggio, chiamato "Maya", che intrappola dentro di sé, come una gigantesca matrice, gli esseri viventi, umani e non, e li tiene catturati dentro di se tramite l'illusione sensoriale, tramite il farsi percepire come "realtà".

Gli esseri, ingannati dai loro sensi, non riescono a percepire la vera natura dell'universo in cui vivono, ossia la sua natura di "miraggio", illusione, inconsistenza, guizzo impermanente d'energia fluida, ma lo percepiscono come reale e solida la matrice, e così, illudendosi e ingannandosi, continuano a girare all'infinità in questa matrice condizionata, vita dopo vita.

La morte fa perdere il corpo degli esseri, ma la loro coscienza sopravvive al corpo, e spinta dal desiderio di possedere la realtà naturale che gli appare come solida e reale, continua nell'illusione, riprendendo pertanto, in modo inconsapevole, un altro corpo, e continuando a girare su se stessa all'interno della matrice, come in un sogno, come sotto ipnosi, vita dopo vita, schiava inconsapevole della matrice.

Questa matrice naturale fatta di miraggio che cattura nascondendo ai sensi degli esseri la sua natura illusoria e facendosi percepire reale, e li tiene in sé, vita dopo vita, all'infinito, sottoponendoli a sofferenza e piacere, senza fine, senza speranza, veniva detta "Samsara".

Tutti i movimenti spirituali che stavano opponendosi al potere sociale della vecchia religione arcaica, dominata dal ritualismo dei sacerdoti e dai sacrifici animali, attingono a questa nozione indiana di samsara.
Questa nozione è però molto più antica della religione tradizionale, e probabilmente deriva dalle popolazioni indigene preariane che abitavano l'India quando essa fu invasa dagli indeuropei, che scendevano dalle pianure dell'Asia centrale e dell'Europa dell'est. Gli ariani portarono giù nelle giungle indiane le loro idee religiose di sacrificio, ritualità, culto del fuoco e del vento, e tanti altri elementi che sono simili alle religioni dei primi popoli europei. Arrivati in India, trovarono però un vasto "serbatoio" locale di idee religiose, praticate dai popoli indigeni indiani, e ne assorbirono una parte.

Questo "serbatoio" religioso locale indigeno restò però sempre sotterraneo durante la "colonizzazione" ariana dell'India, nella forma dello yoga. Ed era proprio a questo patrimonio culturale che andavano attingendo ora i samana, i rivoluzionari non-violenti che si ritiravano dalla società in disgregazione.

La concezione di Maya, matrice naturale del Samsara, il ciclo infinito di nascita-morte-rinascita da cui evadere per cercare la liberazione del proprio principio vitale, per accedere a un livello di realtà trascendente, assoluto, non condizionato, privo di dolore e di morte e di rinascita... questa concezione spirituale ancestrale che i samana stavano recuperando in polemica con la società e la religione rurale tradizionale è tutto materiale culturale preariano, è il sapere indigeno degli sciamani yoga, così simile infatti alle nozioni di tutti i popoli indigeni del mondo.

Ora, capito questo, viene forse più facile capire come mai i samana, e il Buddha in particolare (che era un samana), consideravano più utile per il loro ordine di samana asceti il divieto di praticare la sessualità.

Ricapitolando, la visione dei samana era questa:
  • lo scopo della vita è evadere dalla matrice naturale del samsara, perché in esso non c'è speranza di sottrarsi alla sofferenza prodotta da continue morti e rinascite;
  • il mezzo tramite cui la natura, Maya, tiene intrappolati tutti gli esseri nel samsara, è il "miraggio" sensoriale, ovvero l'offuscamento mentale derivante da una percezione sensoriale non limpida, e che non rivela quindi la vera natura della realtà dell'universo (ossia la sua inconsistenza, la sua qualità effimera, simile a un arcobaleno o un miraggio... e su questo ci sarebbe da dire molto, perché la fisica attuale, quantistica, è arrivata a conclusioni spettacolarmente simili sulla natura dell'universo), ma lo fa invece apparire come solido, reale, consistente, e induce gli esseri a desiderarlo, in tal modo tenendoli aggiogati nella matrice;
  • il modo per uscire dal samsara è quello di "ripulire" la percezione sensoriale, affinarla, con la meditazione e lo yoga, per rendersi in grado di vedere la realtà per quello che è, e rompere quindi l'incantesimo di Maya;
  • una volta che la percezione si fa limpida, si percepisce la natura per quello che è, e ci si "risveglia", ci si "illumina", come appunto fece il Buddha (epiteto che si traduce appunto come "il risvegliato");
  • per affinare la percezione sensoriale bisogna dedicare tutte le proprie energie alla procedura necessaria a questo affinamento, e cioè alla meditazione.
I legami familiari, gli affetti, e anche il solo sesso fine a sé stesso, sono degli ostacoli in questo senso, perché impiegano le energie mentali che dovrebbero essere dedicate integralmente alla meditazione, e le sviano dirigendoli al piacere dei sensi.

Questo piacere non è un peccato, come nella tradizione cristiana, non è un'offesa a un dio... niente di tutto questo. La ragione è molto più tecnica: è una "distrazione", nel senso letterale del termine, cioè un dis-trarre qualcosa, un attingere a qualcosa, che è l'energia mentale, e convogliare questo qualcosa verso l'appagamento sensoriale.

Quindi, in conclusione, la sessualità, così come i legami affettivi che spessissimo ne derivano, non sono adatti alla vita di un samana, perché nella migliore delle ipotesi lo "distrarrebbero" dalla pratica assidua e dura della meditazione, togliendogli tempo prezioso per dedicarsi all'affinamento della propria percezione sensoriale.

Il sesso non è un male, anzi è un piacere, e il Buddha affermò che se non vi fosse stata una via di fuga dalla matrice del samsara il sesso sarebbe stata l'unico, tra i piaceri di questa dimensione, in grado di portare una misura decente di consolazione agli esseri intrappolati nella catena dolorosa di nascita-e-morte.

Tuttavia, siccome per fortuna il modo di evadere dal samsara e dalla natura condizionata e di accedere alla dimensione naturale dell'Assoluto, dell'Incondizionato, esiste, e passa attraverso l'affinamento della nostra percezione sensoriale, questo affinamento stesso rende necessario raccogliere tutto il proprio impegno, tutto il proprio tempo e tutta la propria energia, e il sesso renderebbe nella migliore delle ipotesi questo sforzo "meno efficace".

In conclusione, dedicarsi al sesso, e agli affetti, che sono tra i piaceri sensoriali che per loro natura più tendono a "catturare", a intrigare, a conquistare le persone, toglierebbe tempo ed energia alla pratica della meditazione, che è l'unica via verso l'evasione dal ciclo di nascita-e-morte della dimensione condizionata della natura, ovvero dal miraggio di Maya. Evadere da questa matrice naturale effimera e che tuttavia ci tiene saldamente catturati, al punto che i più nemmeno ne hanno coscienza, e arrivano a pensare che questa sia l'unica dimensione reale nell'universo...

Evadere da questa matrice è estremamente difficile, e possibile solo con uno sforzo acuto e prolungato, tramite la meditazione. Questo è quello che sosteneva il Buddha.

E' per questo che fino ad oggi è stato mantenuto l'obbligo della castità per i monaci buddhisti, che sono i samana dei giorni nostri. Esseri umani per i quali la "liberazione" dal samsara è il primo obiettivo, e non possono esserci distrazioni, perché altrimenti la via da percorrere diventerebbe insopportabilmente più lunga e tortuosa.

Sul caso Englaro...

(da un amico)

Non so come la pensiate voi, ma a me fa skifo essere cittadino di un paese in cui manca una legislazione in tema di diritti dei morienti, e dove la materia sia lasciata ai diktat del vatikano..

Secondo me è indegno quello che sta succedendo.. Penso che in questo caso la "difesa della vita" e l'agire "secondo natura" avrebbero imposto fin dall'inizio, 17 anni fa, di lasciare in pace quel povero corpo, di lasciarlo morire. L'accanimento terapeutico di questi 17 anni è stato esso stesso un'offesa alla vita. Una persona dovrebbe avere il diritto di morire in pace, e anche quello di decidere se e come morire.

L'atteggiamento dei cattolici mi pare una specie di feticismo dell'attività vegetativa del corpo, un feticismo idiota e contorto mascherato da parere spirituale. La nostra società ha rimosso la morte, le ha tolto dignità e significato esattamente nello stesso modo in cui l'ha tolto alla natura e alla vita. Che senso ha tenere forzatamente attaccata a una macchina una persona ridotta a vegetale a causa di danni irreversibili per 17 anni, posticipando la morte anno dopo anno? Non sarebbe più logico lasciare che la natura faccia il suo corso e lasciare quel corpo al suo destino? La Chiesa in tema d'eutanasia sta legittimando paradossalmente proprio le istanze più materialiste e ostili alla natura della nostra società.

Amen

Noi vittime dei preti pedofili

Decine di bambini e ragazzi sordi violentati e molestati in un istituto di Verona fino al 1984. E dopo decenni di tormenti, gli ex allievi trovano la forza di denunciare gli orrori. Ma molti dei sacerdoti sono ancora lì

(di Paolo Tessadri, L'Espresso)

Per oltre un secolo è stato un simbolo della carità della Chiesa: una scuola specializzata per garantire un futuro migliore ai bambini sordi e muti, sostenendoli negli studi e nell'inserimento al lavoro. L'Istituto Antonio Provolo di Verona ospitava i piccoli delle famiglie povere, figli di un Nord-est contadino dove il boom economico doveva ancora arrivare. Fino alla metà degli anni Ottanta è stato un modello internazionale, ma nel tetro edificio di Chievo, una costruzione a metà strada tra il seminario e il carcere, sarebbero avvenuti episodi terribili.

Solo oggi, rincuorati dalle parole di condanna pronunciate da papa Ratzinger contro i sacerdoti pedofili, decine di ex ospiti hanno trovato la forza per venire allo scoperto e denunciare la loro drammatica esperienza: "Preti e fratelli religiosi hanno abusato sessualmente di noi". Un'accusa sottoscritta da oltre 60 persone, bambini e bambine che hanno vissuto nell'Istituto, e che ora scrivono: "Abbiamo superato la nostra paura e la nostra reticenza".

Gli abusi di cui parlano sarebbero proseguiti per almeno trent'anni, fino al 1984. Sono pronti a elencare una lunga lista di vittime e testimoni, ma non possono più rivolgersi alla magistratura: tutti i reati sono ormai prescritti, cancellati dal tempo. I sordomuti che dichiarano di portarsi dentro questo dramma sostengono però di non essere interessati né alle condanne penali né ai risarcimenti economici. Loro, scrivono, vogliono evitare che altri corrano il rischio di subire le stesse violenze: una decina dei religiosi che accusano oggi sono anziani, ma restano ancora in servizio nell'Istituto, nelle sedi di Verona e di Chievo. Per questo, dopo essersi rivolti al vescovo di Verona e ai vertici del Provolo, 15 ex allievi hanno inviato a 'L'espresso' le testimonianze - scritte e filmate - della loro esperienza.


Documenti sconvolgenti, che potrebbero aprire uno squarcio su uno dei più gravi casi di pedofilia in Italia: gli episodi riguardano 25 religiosi, le vittime potrebbero essere almeno un centinaio.
Gli ex allievi, nonostante le difficoltà nell'udito e nella parola, sono riusciti a costruirsi un percorso di vita, portandosi dentro le tracce dell'orrore. Dopo l'esplosione dello scandalo statunitense che ha costretto la Chiesa a prendere atto del problema pedofilia, e la dura presa di posizione di papa Benedetto XVI anche loro hanno deciso di non nascondere più nulla. Si sono ritrovati nell'Associazione sordi Antonio Provolo e poi si sono rivolti alla curia e ai vertici dell'Istituto. Una delle ultime lettere l'hanno indirizzata a monsignor Giampietro Mazzoni, il vicario giudiziale, ossia il magistrato del Tribunale ecclesiastico della diocesi di Verona.

È il 20 novembre 2008: "I sordi hanno deciso di far presente a Sua Eminenza il Vescovo quanto era loro accaduto. Nella stanza adibita a confessionale della chiesa di Santa Maria del Pianto dell'Istituto Provolo, alcuni preti approfittavano per farsi masturbare e palpare a loro volta da bambine e ragazze sorde (la porta era in quei momenti sempre chiusa a chiave). I rapporti sodomitici avvenivano nel dormitorio, nelle camere dei preti e nei bagni sia all'Istituto Provolo di Verona che al Chievo e, durante il periodo delle colonie, a Villa Cervi di San Zeno di Montagna".
E ancora: "Come non bastasse, i bambini e ragazzi sordi venivano sottoposti a vessazioni, botte e bastonature. I sordi possono fare i nomi dei preti e dei fratelli laici coinvolti e dare testimonianza". Seguono le firme: nome e cognome di 67 ex allievi.

Le storie

I protagonisti della denuncia citano un elenco di casi addirittura molto più lungo, che parte dagli anni Cinquanta. Descrivono mezzo secolo di sevizie, perfino sotto l'altare, in confessionale, dentro ai luoghi più sacri. Quei bambini oggi hanno in media tra i 50 e i 70 anni: il più giovane compirà 41 anni fra pochi giorni. Qualcuno dice di essere stato seviziato fino quasi alla maggiore età. Gli abusi, raccontano, avvenivano anche in gruppo, sotto la doccia. Scene raccapriccianti, impresse nella loro memoria.

Ricorda Giuseppe, che come tutti gli altri ha fornito a 'L'espresso' generalità complete: "Tre ragazzini e tre preti si masturbavano a vicenda sotto la doccia". Ma la storia più angosciante è quella di Bruno, oggi sessantenne, che alla fine degli anni Cinquanta spiccava sugli altri bambini per i lineamenti angelici: era il 'bello' della sua classe. E solo ora tira fuori l'incubo che lo ha tormentato per tutta la vita: "Sono diventato sordo a otto anni, a nove frequentavo il Provolo che ho lasciato a 15 anni. Tre mesi dopo la mia entrata in istituto e fino al quindicesimo anno sono stato oggetto di attenzioni sessuali, sono stato sodomizzato e costretto a rapporti di ogni tipo dai seguenti preti e fratelli.". Ha elencato 16 nomi. Nella lista anche un alto prelato, molto famoso a Verona: due sacerdoti del Provolo avrebbero accompagnato Bruno nel palazzo dell'ecclesiastico. "Era il 1959, avevo 11 anni. Mi ha sodomizzato e preteso altri giochi sessuali. È stata un'esperienza terribile che mi ha procurato da adulto gravi problemi psicologici".

Il dramma

Un altro ex allievo, Guido, dichiara di essere stato molestato da un prete: "Avveniva nella sua stanza all'ultimo piano. E mi costringeva a fare queste cose anche a Villa Cervi durante le colonie estive e al campeggio sul lago di Garda". Carlo è rimasto all'istituto dai 7 ai 18 anni, e chiama in causa un altro sacerdote: "Mi costringeva spesso con punizioni (in ginocchio per ore in un angolo) e percosse (violenti schiaffi e bastonature) ad avere rapporti con lui". Altre volte si sarebbe trattato di bacchettate sulle mani, mentre di notte "nello stanzone dove dormivo con altri sordi spesso mi svegliava per portarmi nei bagni dove mi sodomizzava o si faceva masturbare. Non ho mai dimenticato".

Sono racconti simili. Tragedie vissute da bambini di famiglie povere, colpiti dalla sordità e poi finiti tra le mura dell'istituto; drammi tenuti dentro per decenni. Ricostruisce Ermanno: "La violenza è avvenuta nei bagni e nelle stanze dell'Istituto Provolo e anche nella chiesa adiacente". "Se rifiutavo minacciava di darmi un brutto voto in condotta, questi fatti mi tornano sempre in mente", scrive un altro. Giuseppe qualche volta a Verona incontra il suo violentatore, "ancora oggi quando lo vedo provo molto disagio. Non sono mai riuscito a dimenticare".

Stando alle denunce, le vittime erano soprattutto ragazzini. Ma ci sono anche episodi testimoniati da bambine. Lina ora ha cinquant'anni, è rimasta "all'istituto per sordomuti dai sei ai 17 anni. A tredici anni nella chiesa, durante la confessione faccia a faccia (senza grata), il sacerdote mi ha toccata il seno più volte. Ricordo bene il suo nome. Io mi sono spaventata moltissimo e da allora non mi sono più confessata". Giovanna scrive che un altro prete "ha tirato fuori il membro e voleva che lo toccassi". E per molte ragazzine i fatti avvenivano nella chiesa dell'istituto, sotto l'altare. A qualcuna, però, è andata molto peggio.

Gli esposti

Oggi l'Istituto Antonio Provolo ha cambiato completamente struttura e missione. Le iniziative per il sostegno ai sordomuti sono state ridimensionate e vengono finanziate anche dalla Regione Veneto. Adesso l'attività principale è il Centro educativo e di formazione professionale, gestito interamente da laici, che offre corsi d'avanguardia per giovani ed è specializzato nella riqualificazione di disoccupati.

Al vertice di tutto ci sono sempre i religiosi della Congregazione della Compagnia di Maria per l'educazione dei sordomuti, che dipendono direttamente dalla Santa Sede. Alla Congregazione si sono rivolti gli ex allievi chiedendo l'allontanamento dei sacerdoti chiamati in causa. Secondo la loro associazione, "c'è già stata più di un'ammissione di colpa". La più importante risale al 2006, quando don Danilo Corradi, superiore generale dell'Istituto Provolo, avrebbe incontrato più di 50 ex allievi. Secondo l'Associazione, il superiore a nome dell'Istituto avrebbe chiesto 12 volte scusa per gli abusi commessi dagli altri religiosi.
I testimoni ricostruiscono una riunione dai toni drammatici: don Corradi che stringe il capo fra le mani, suda, chiede perdono, s'inginocchia. Ma i sordomuti avrebbero preteso l'allontanamento dei sacerdoti coinvolti, senza ottenerlo. A 'L'espresso' don Danilo Corradi fornisce una versione diversa: "Ho sentito qualcosa, ma io sono arrivato nel 2003 e di quello che è successo prima non so. Non rispondo alle accuse, non so chi le faccia: risponderemo dopo aver letto l'articolo".

La Curia

Da quasi due anni gli ex allievi si sono appellati anche alla Curia di Verona, informandola nel corso di più incontri. Il presidente della Associazione sordi Antonio Provolo, Giorgio Dalla Bernardina, ne elenca tre: a uno hanno preso parte 52 persone. E scrive al vescovo: "Nonostante i nostri incontri in Curia durante i quali abbiamo fatto presente anche e soprattutto gli atti di pedofilia e gli abusi sessuali subiti dai sordomuti durante la permanenza all'istituto, a oggi non ci è stata data alcuna risposta". L'ultima lettera è dell'8 dicembre 2008. Pochi mesi prima, a settembre, avevano fatto l'ennesimo tentativo, inviando una raccomandata al vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti. Senza risposta, "nonostante le sue rassicurazioni e promesse di intervento". Questa missiva è stata firmata da tre associazioni di sordi: Associazione Sordi Antonio Provolo, Associazione non udenti Provolo, Associazione sordi Basso Veronese-Legnago.

Il vescovo, interpellato da 'L'espresso', replica con una nota scritta: "Il Provolo è una congregazione religiosa. In quanto tale è di diritto pontificio e perciò sotto la giurisdizione del Dicastero dei religiosi. La diocesi di Verona, sul cui territorio è sorta la Congregazione, apprezza l'opera di carattere sociale da essa svolta in favore dei sordomuti".
Poi monsignor Giuseppe Zenti entra nel merito: "Per quanto attiene l'accusa di eventuale pedofilia, rivolta a preti e fratelli laici, che risalirebbe ad alcune decine di anni fa, la diocesi di Verona è del tutto all'oscuro. A me fecero cenno del problema alcuni di una Associazione legata al Provolo, ma come ricatto rispetto a due richieste di carattere economico, nell'eventualità che non fossero esaudite. Tuttavia a me non rivolsero alcuna accusa circostanziata riferita a persone concrete, ma unicamente accuse di carattere generico. Non ho altro da aggiungere se non l'impegno a seguire in tutto e per tutto le indicazioni contenute nel codice di diritto canonico e nelle successive prese di posizione della Santa Sede. Nella speranza che presto sia raggiunto l'obiettivo di conoscere la verità dei fatti".
L'Associazione sordi Antonio Provolo risponde al vescovo negando qualunque ricatto o interesse economico: "Gli abbiamo soltanto fatto presente i problemi, noi vogliamo che quei sacerdoti vengano allontanati perché quello che hanno fatto a noi non accada ad altri".

(22 gennaio 2009)

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