La nicotina e la morte delle api

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Se vedete un’ape che muore, preoccupatevi. Albert Einstein disse: “Se l’ape scomparisse, all’uomo resterebbero quattro anni di vita”.
Le api producono miele, pere, mele, pomodori, trifoglio, erba medica, latte, carne. Trasportano il polline e trasformano il mondo in cibo. Le api, un bioindicatore dell’ambiente, sono una specie a rischio. Oggi loro, domani noi. Il Guardian nell’articolo “Honeybee deaths reaching crisis point” riporta che un terzo dei 240.000 alveari britannici è scomparso durante l’inverno e la primavera. Il ministro inglese Rooker ha dichiarato che, se non cambierà nulla, entro dieci anni non ci sarà più un’ape nell’isola. Le api contribuiscono all’economia britannica per 165 milioni di sterline all’anno per la produzione di frutta e verdura. Oltre al miele naturalmente. La Honey Association prevede che il miele locale sarà finito in Gran Bretagna entro Natale. Riapparirà sulle tavole soltanto nell’estate del 2009.
La crisi è mondiale. Il maggior produttore di miele è l’Argentina che ha ridotto del 27% le sue 75.000 tonnellate annue. Negli Stati Uniti (-25% degli alveari nel 2008) e nel resto del mondo le api ci stanno lasciando. In Italia è una strage. Nel 2007 sono morte il 50% delle api, persi 200.000 alveari e 250 milioni di euro nel settore agricolo. Ma non è una priorità. Gli inutili soldati nelle strade, il bavaglio alla Giustizia con la separazione delle carriere, le impronte ai bambini Rom, il lodo Alfano per la messa in sicurezza della banda dei quattro, gli inceneritori della Impregilo. Queste sono priorità!
Perché le api muoiono? Per l’ambiente, il clima, la varoa (un acaro), i pascoli trasformati in coltivazioni di soia per i biocarburanti, per i pesticidi, l’inquinamento dei corsi d’acqua. Gli alveari si spopolano per il fenomeno del CCD (Colony Collapse Disorder) perché la razza umana sta avvelenando il mondo.
Qualcosa in Italia si può fare e subito. Vietare l’uso dei pesticidi nicotinoidi. In Francia lo hanno già fatto. Sulle api hanno l’effetto della nicotina. Gli fanno perdere il senso dell’orientamento, non riescono a ritornare nell’alveare e muoiono.
Chi usa o produce un pesticida nicotiniode mette a rischio, oltre alle api, anche la nostra sopravvivenza. Datemi una mano, inserite nei commenti di questo post informazioni sui produttori, sugli utilizzatori, sulle conseguenze sull’ambiente.
Chi avvelena un’ape, avvelena anche te.

(http://www.beppegrillo.it 22 agosto 2008)

NO alle "fiestas populares" spagnole!


IL CALENDARIO DEGLI ORRORI
(da http://www.atra.info)

Sono piú di 3000 le “fiestas” in Spagna in cui la gente si diverte a torturare e uccidere animali. Eccone alcuni esempi:

Gennaio
Manganeses Polverosa (Castilla Leon). Una capra viva viene gettata dal campanile della chiesa*.

Febbraio
Villanueva de la Vera (Extremadura). Un asinello cavalcato dall’uomo più grasso del villaggio, attraversa il paese attorniato dalla folla isterica che lo picchia selvaggiamente.

Marzo
Salas de los Infantes (Castilla-Leon). Polli e tacchini vengono uccisi a bastonate da ragazzi con gli occhi bendati, tra le urla della folla scatenata.

Aprile
Tordesillas (Castilla-Leon). Un toro viene rincorso e massacrato a colpi di lancia da un centinaio di uomini a cavallo. Vince la “lancia d’oro” chi riesce ad atterrare l’animale e a tagliargli i testicoli, mentre il toro è ancora vivo e cosciente.

Maggio
Benavente (Zamora). Diversi tori vengono strangolati lentamente con una corda legata al loro collo e tirata da 300 uomini.

Giugno
Coria (Caceres). La folla insegue dei tori attraverso le strade del villaggio lanciando loro freccette e mirando agli occhi. Quando gli animali si accasciano vengono castrati, mutilati e pugnalati fino alla morte.

Luglio
Carpio del Tajo (Castilla la Mancha). Dei cavalieri staccano la testa a oche vive appese a una corda stesa attraverso la piazza del mercato.

Agosto
San Sebastian de los Reyes (Madrid). Dei nani torturano e mutilano alcuni vitellini per ore intere. Quando i vitelli cadono agonizzanti, i nani danzano sui loro corpi.

Settembre
Ciruelas Cifuentes (Madrid). Delle giovani mucche vengono rincorse e schiacciate con dei trattori.

Ottobre
Fuenlabrade (Madrid). Quattro animali (tori o mucche) vengono picchiati, pugnalati, feriti con ogni tipo di strumento dalla folla e muoiono per dissanguamento.

Novembre
Igea (La Rioja). Si spezzano le membra a dei vitelli e poi li si getta nel vuoto da una piattaforma.

Dicembre
Notilla del Palancar (Cuenca). Nel corso di uno spettacolo delle galline vengono lapidate a morte.


*NdR: Pare che dal 2000 non venga più gettata una capra viva, bensì una di pietra-cartone.

Meno carne, più cibo

RIDURRE GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI
PER SFAMARE I PAESI POVERI

Comunicato Stampa LAV, 9 lug 08
Lav diffonde Rapporto sull'industria animale realizzato dalla Wspa.

L’attuale crisi mondiale alimentare figura tra le priorità nell’agenda dei lavori del vertice del G8, riunito da ieri in Giappone, durante il quale il Primo Ministro giapponese auspica una decisione comune rispetto alla questione.

All’interno del summit di quest’anno, infatti, i leader degli 8 maggiori Paesi industrializzati prevedono di concordare la formazione di una task force per affrontare la crisi mondiale alimentare. Tale gruppo avrà lo scopo di affrontare il problema immediato di carenza alimentare dei paesi più poveri, così come sfide a lungo termine, quali l’incremento della produzione alimentare.

Per affrontare il problema dal punto di vista del benessere animale, l’associazione internazionale WSPA (Società mondiale per la Protezione degli Animali), ha realizzato un rapporto, diffuso in Italia dalla LAV, intitolato “INDUSTRIAL ANIMAL AGRICULTURE – PART OF THE POVERTY PROBLEM” (L’INDUSTRIA DELL’ALLEVAMENTO ANIMALE - PARTE DEL PROBLEMA POVERTA’), nel quale mette in evidenza quanto l’allevamento intensivo di animali, destinati al consumo alimentare umano del 20% della popolazione mondiale che risiede nei Paesi industrializzati, incida considerevolmente sulla scarsità di risorse alimentari per i Paesi più poveri.

L’esperto di alimentazione e agricoltura Colin Tudge, che ha scritto la prefazione al rapporto della WSPA ed è l’autore di “Sfamare le popolazioni è facile”, ponendo l’accento sull'impatto dell’allevamento industrializzato di animali sulla povertà a livello mondiale, ha dichiarato: "La relazione della WSPA va diritto al cuore della questione, praticamente, moralmente e politicamente, dimostrando che l’allevamento industrializzato di animali influisce negativamente sulla povertà globale in una dozzina di modi diversi. "

Il rapporto della WSPA propone di esaminare il problema dalla radice, riconsiderando il sistema economico fin qui adottato, e suggerendo, tra le altre soluzioni al problema della carenza di cibo, la rinuncia o la riduzione del consumo di carne, per garantire che i raccolti mondiali di grano possano alimentare il maggior numero di persone possibile.
Il benessere degli animali, quindi, deve essere parte della soluzione del problema della fame e la povertà mondiali.

“Il G8 ha la grande opportunità di accogliere le proposte che ormai vengono da organismi di tutto il mondo e indirizzare chiaramente a una riduzione delle produzioni animali a livello mondiale, liberando ingenti quantità di proteine vegetali impiegabili da subito per contrastare la crisi alimentare mondiale. – dichiara Roberto Bennati Vicepresidente LAV – Non sono più sostenibili scelte alimentari che mirano ad incentivare consumi animali, responsabili della distruzione di foreste, dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento e anche della diffusione delle malattie, come testimoniato da rapporti della FAO. E’ necessario ridurre o eliminare i consumi di animali e promuovere modelli di sviluppo capaci di dare cibo a tutti gli abitanti del pianeta in un sistema di efficace e democratica ripartizione delle risorse”.


Punti chiave della relazione WSPA:

• Ci sono ancora 854 milioni di persone sottoalimentate in tutto il mondo, di cui 820 milioni nei paesi in via di sviluppo, 25 milioni nei paesi in “transizione” e 9 milioni nei paesi industrializzati (dati FAO 2001-2003).
• La storia ha dimostrato che l'allevamento industriale degli animali ha un effetto devastante sugli allevamenti a conduzione familiare, i piccoli agricoltori e le comunità rurali.
• La fame e la malnutrizione uccidono più di cinque milioni di bambini ogni anno, e il costo per i paesi in via di sviluppo corrisponde a miliardi di dollari in perdita di produttività.
• La crescita dei sistemi intensivi di allevamento nei paesi in via di sviluppo minaccia la sostenibilità sia delle popolazioni rurali sia i tradizionali sistemi di produzione alimentare.
• Le grandi aziende di allevamento intensivo di animali tendono alla riduzione dei costi, diminuendo il numero degli addetti, e modificando il patrimonio genetico degli animali.
• Sarebbe più efficace coltivare vegetali commestibili che hanno una buona resa e che possano essere utilizzati direttamente per l’alimentazione umana.
• Il Consiglio Mondiale Alimentare delle Nazioni Unite ha stimato che il trasferimento di “una percentuale tra il 10% e il 15% dei cereali ora utilizzato per l’allevamento degli animali sarebbe sufficiente a garantire l’approvvigionamento alimentare per gli attuali livelli della popolazione umana".

(Disponibile in formato elettronico il rapporto completo “INDUSTRIAL ANIMAL AGRICULTURE – PART OF THE POVERTY PROBLEM” - © WSPA 2007).

Strade pulite

Prostituzione, dopo il blitz la rabbia:
"Quella foto è una vergogna"
L'immagine, scattata all'interno del comando della polizia municipale dopo l'ultima retata, scatena l'indignazione dei lettori e delle organizzazioni di volontariato. Carla Corso, leader storica delle prostitute, si scaglia contro i sindaci sceriffi
(di Stefania Parmeggiani)

Arrabbiata, spaventata e infine esausta. Rannicchiata a terra, mezza nuda, con il corpo sporco di polvere sul pavimento di una cella di sicurezza. La ragazza nigeriana fermata durante l'ultima retata anti-prostituzione e fotografata al comando della polizia municipale di Parma dopo che si era lasciata cadere a terra senza più forze, è diventata, suo malgrado, il simbolo di una nuova "caccia alle streghe", cominciata con la carta sulla sicurezza e proseguita con le ordinanze (applicate o solo annunciate) dei sindaci-sceriffo.

"Che cosa ha fatto di male quella donna per essere messa in una cella?", si chiede indignato un lettore. La risposta, provocatoria, arriva da Carla Corso, leader storica delle prostitute: "E' una indesiderata, un'emarginata, una donna che forse è vittima di una tratta e che cerca di vivere o sopravvivere con il proprio corpo. E questo, in una Italia sempre più intollerante, è diventata una colpa". La lista dei divieti si allunga di giorno in giorno: vietato chiedere l'elemosina, lavare i vetri, rovistare nei cassonetti… "Essere poveri sta diventando un crimine e in questa fascia di nuovi perseguitati i più deboli sono gli immigrati e le donne… Ci sono troppe lucciole che sono schiave e si vendono sui marciapiedi perché minacciate da chi le ha fatte arrivare in Italia".
"Le retate anti-prostituzione – continua – servono solo a fare impazzire le lucciole che scappano da una città all'altra o da un quartiere all'altro in cerca di un clima più tollerante. La ragazza fotografata chiederà mai aiuto a chi l'ha trattenuta in quella cella? Si fiderà mai delle forze dell'ordine? Anche se è vittima della tratta non glielo dirà e se, insieme alle sue colleghe, sarà cacciata in un cono d'ombra ancora maggiore, ad esempio se sarà costretta a prostituirsi in un appartamento, non incontrerà neppure volontari in grado di spiegargli che può entrare in un percorso di protezione. I sindaci-sceriffo stanno cavalcando il tema della prostituzione ottenendo come unico effetto quello di criminalizzare chi avrebbe bisogno di protezione".


"Trovo vergognoso – continua Corso, riferendosi alla foto – quel corpo abbandonato a terra in un comando di polizia municipale. Trovo vergognoso che i nostri poliziotti, carabinieri e vigili urbani controllino gli immigrati senza informarli dei loro diritti e che si scambi la prostituzione per un problema di sicurezza". Informare chi è vittima senza criminalizzarlo, è questo quanto il sindacato delle prostitute e le organizzazioni che scendono quotidianamente in strada per strappare le lucciole ai marciapiedi vorrebbero. A Parma come a Verona, a Roma come a Milano.

Marco Bufo, coordinatore dell'associazione nazionale "On the road", che dal 1990 si sta occupando di prostituzione e tratta, si dice preoccupato del nuovo clima italiano: "Siamo scettici nei confronti delle ordinanze dei sindaci nati sulla scia della Carta di Parma e delle retate anti-prostituzione. Le forze dell'ordine dovrebbero essere inviate in strada non a fare multe, ma a capire i meccanismi che soggiacciono a certi fenomeni, dovrebbero essere preparati per leggere i segnali, capire se di fronte hanno donne vittime dello sfruttamento o meno. Sarebbe necessario guardare in faccia la realtà e trovare soluzioni pragmatiche, ad esempio zone in cui la prostituzione possa avvenire alla luce del sole, invece di alimentare o cavalcare politicamente la percezione d'insicurezza dei cittadini".

Un lettore che si firma con il nick Zavarollo ha una sua soluzione, ovviamente provocatoria (Nei commenti l'intervento integrale, ndr): "Almeno voi, clienti di Parma, siate onesti. Voi che siete sempre riusciti a eludere, chissà come mai, i controlli della municipale e dei carabinieri, unitevi per aiutare le donne che stuprate. Comprategli un appartamento collettivo. Così almeno il sindaco sarà contento. Sotto il tappeto della malavita la polvere del degrado non si muove. E Parma risplenderà più che mai".

(Repubblica, 11 agosto 2008)