Truffa a mano armata

Il parlamento iracheno sta per approvare la nuova legge che regolamenterà il settore energetico e aprirà le porte ai cosiddetti ‘investimenti' delle grandi multinazionali del petrolio, tra cui l'italiana ENI.

La legge voluta dalla grandi multinazionali petrolifere, ENI inclusa, prevede l'introduzione dei cosiddetti PSA – Production Sharing Agreements – i quali consentiranno alle multinazionali enormi profitti a scapito dell'erario iracheno.

Ma l' ENI è anche nostra - il 32% delle azioni sono detenute del Ministero dell' Economia e Finanze – e questo ci impone di chiedere con forza che la maggiore compagnia energetica italaina non firmi accordi ‘immorali' approfittando dell' avventura militare, costata la vita a centinaia di migliaia di civili innocenti.
Il petrolio iracheno non è ancora stato svenduto, la ‘Commissione governativa sul petrolio' mira all'approvazione della nuova legge sugli idrocarburi per fine marzo: i sindacati del petrolio, la società civile, la popolazione irachena non la vuole e chiedono il nostro sostegno.

L'ONG italiana "Un Ponte per..." promuove una campagna nazionale contro la partecipazione dell'ENI alla rapina del petrolio iracheno.

(da http://www.altremappe.org/NoWar/Petrolio_iracheno.htm)

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"Entro la metà del 2006 il governo iracheno si prepara a siglare accordi con le più grandi compagnie petrolifere occidentali, tra cui l'Italiana Eni, per avviare la produzione di 11 campi petroliferi nel sud dell'Iraq, tra cui quello di Nassiriya, dove si trova il contingente italiano".
Lo afferma un rapporto realizzato dalle associazioni Un ponte per...., Arci, Lunaria e Campagna per la riforma della Banca Mondiale. Nel rapporto si sottolinea anche che "fin dal 2005 l'Eni, assieme alla Bp, alla Chevron e alla Total è stata in contatto con il ministero del petrolio iracheno per definire il quadro di lavoro per lo sviluppo dei campi petroliferi non ancora operativi nel sud del Paese".

Il dossier, che prende spunto da un lavoro realizzato dalla Ong inglese 'Platform' relativo agli interessi dei paesi occidentali in Iraq, è stato presentato oggi a Roma e si intitola "Truffa a mano armata, i numeri degli interessi occidentali e italiani in Iraq". Vi è allegato anche un documento riservato del 'Mees' (Middle est economic survey), di cui è entrata in possesso 'Un ponte per...', in cui il direttore generale degli affari economici dell' organizzazione statale irachena per il mercato del petrolio (Somo), Shamkhi Faraj, sostiene che "il ministero ha avuto discussioni con le compagnie petrolifere, incluse Bp, Chevron, Eni e Total, per porre le basi dello sviluppo di giacimenti nel sud del paese, dove le condizioni di sicurezza non sono così difficili come nelle regioni centrali e settentrionali dell'Iraq".

Il rapporto analizza anche quello che sarà lo sviluppo del mercato petrolifero iracheno nei prossimi anni, affermando che non vi sarà una esplicita privatizzazione, ma l'adozione dei 'Production Sharing Agreements' (Psa), "contratti che, pur lasciando all'Iraq la proprietà dei giacimenti petroliferi, di fatto mettono nelle mani delle multinazionali la maggior parte delle future rendite".
In questo quadro la politica energetica che si va delineando, "sostenuta dal Dipartimento di Stato americano e degli altri paesi della coalizione", fermo restando la scelta dei Psa come formula di intesa, "destina alle multinazionali petrolifere la maggioranza dei giacimenti iracheni - ossia 63 su 80, quasi tutti quelli nuovi da rendere operativi - pari ad almeno il 64% delle riserve del paese". Con un prezzo del petrolio stabilito a circa 40 dollari al barile, secondo il rapporto delle Ong, "l'Iraq perderebbe un importo tra i 74 e i 194 miliardi di dollari durante il periodo di validità dei contratti (25-40 anni), mentre la redditività degli investimenti delle compagnie petrolifere dovrebbe oscillare tra il 42 e il 162 per cento".

In quest'ottica, è scritto ancora, "lo sfruttamento del giacimento di Nassiriya da parte dell'Eni" costerebbe in termini di "mancate entrate per lo stato iracheno tra i 2,3 ai circa 6 miliardi di dollari, pari rispettivamente all'8 e al 20 per cento del bilancio annuo attuale dell'Iraq". Contro a questo ipotizzato sfruttamento del petrolio iracheno si è espresso Dawood K. Salman, rappresentante della 'General Union of Oil Employees di Bassorà, il sindacato dei lavoratori del petrolio del sud dell'Iraq. "Rispetto a quando c'era Saddam Hussein per il popolo iracheno non è cambiato nulla - ha detto Salman, presente alla presentazione del rapporto -. Fino a tre anni fa Saddam deteneva il controllo totale delle risorse petrolifere: ora che lui non c'è più lo hanno le compagnie petrolifere".

(Ansa, 13 febbraio 2006)

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Dichiarazione congiunta dei sindacati iracheni riguardo i programmi della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale in Iraq.
Amman, 16 gennaio 2006

L'economia irachena è stata duramente colpita da decenni di sanzioni, guerre ed occupazione.

I sindacati e le federazioni irachene credono nella capacità del paese, con tutte le sue risorse petrolifere e minerarie, di fornire degli standard di vita dignitosi agli Iracheni.

Le federazioni e i sindacati considerano che le guerre e l'occupazione abbiano causato una diminuzione drammatica negli standard di vita e sociali degli Iracheni, in particolare dei lavoratori.

Le federazioni e i sindacati sottolineano l'importanza di una sovranità completa dell'Iraq sulle sue risorse petrolifere e naturali e di svilupparle in un modo che assicurino la completa ricostruzione del paese. Desideriamo sottolineare i seguenti punti riguardo le politiche dello FMI e della Banca Mondiale in Iraq:

1) Aumentare la trasparenza e la rappresentatività dell'Iraq nelle strutture decisionali delle IFIs (istituzioni finanziarie internazionali).

2) Porre fine all'imposizione delle condizioni di aggiustamento strutturale per i prestiti.

3) Accordarsi per fornire fondi ai servizi pubblici e alle imprese statali senza chiedere la loro privatizzazione.

4) Cancellare i debiti contratti dall'Iraq che sono risultati dalle politiche del passato regime.

5) Rifiutare la riduzione delle spese nei servizi sociali, specialmente l'eliminazione del sostegno governativo al sistema di distribuzione del cibo e la riduzione del numero di beni contemplati.

6) Rifiutare fortemente la privatizzazione delle aziende di proprietà statale, e in particolare nei settore quali petrolio, educazione, sanità, elettricità, trasporti e costruzione.

7) Rifiutare l'aumento nei prezzi dei prodotti dal petrolio, considerando l'impatto negativo sugli standard di vita degli Iracheni.

8) Adottare una nuova legge sul lavoro e il pensionamento e una legge sulla sicurezza sociale che assicurino i diritti dei lavoratori e che siano in conformità con gli standard lavorativi internazionali e le convenzioni sui diritti umani. La Banca Mondiale e il FMI devono anch'essi rispettare questi standard.

I sindacati e le federazioni che hanno firmato questa dichiarazione annunciando la formazione di un comitato coordinativo permanente che renderà note le proprie posizioni al Governo Iracheno e alle IFIs. Chiedono inoltre che le IFIs si impegnino nel dialogo, la discussione e la trattativa con le federazioni sindacali riguardo le loro politiche in Iraq.

Infine, essi richiedono l'assistenza delle organizzazioni sindacali internazionali per fornire tutto il sostegno possibile alle suddette richieste.

Firmato da:
General Federation of Iraqi Workers [ex-IFTU]
General Union of Oil Employees in Basra [now creating an Iraqi
Federation of Oil Unions - IFOU]]
Federation of Workers Councils and Unions in Iraq
General Federation of Workers Trade Unions in Kurdistan
Federation of Workers and Craftmen Trade Unions in Kurdistan

Traduzione (dalla versione inglese) di Carlo Martini per osservatorioiraq.it
La traduzione dall'arabo all'inglese è a cura di Peter Bakvis (Global Unions - Washington
Office)

Operazione ‘Sarissa’

La guerra segreta degli italiani in Afghanistan
di Enrico Piovesana
(
15.1.2008 da www.PeaceReporter.net)

Entro la fine di gennaio il Parlamento voterà il rifinanziamento della missione militare italiana in Afghanistan.
Abbiamo chiesto a tutti i segretari dei partiti rappresentati in Parlamento, al Presidente del Consiglio e ai ministri di Esteri e Difesa di esprimere la loro opinione in merito, alla luce di quanto segue.

La situazione in Afghanistan è drasticamente peggiorata nell’ultimo anno. Il 2007 (chiusosi con oltre 7mila morti, di cui almeno 1.400 civili uccisi in gran parte dai bombardamenti aerei della Nato) è stato l’anno più sanguinoso dalla caduta dei talebani (anche per la stessa Nato: 232 i soldati occidentali morti). Secondo un recente rapporto del Senlis Council intitolato ‘Afghanistan sull’orlo del precipizio’ i talebani controllano il 54 percento del territorio afgano, sono attivi in un altro 38 percento (compresa la provincia ‘italiana’ di Herat) e minacciano ormai la stessa capitale Kabul (la cui difesa è ora responsabilità dei soldati italiani).

In primavera è prevista un’offensiva talebana senza precedenti, in vista della quale Stati Uniti e Nato pretendono un maggiore impegno bellico da parte di tutti gli alleati, Italia compresa. Al vertice annuale della Nato (in aprile a Bucarest) all’Italia verrà perentoriamente chiesto di mandare i nostri soldati a combattere. Cosa che, seppur in maniera limitata, già avviene da un anno e mezzo all’insaputa del popolo italiano e in aperta violazione della nostra Costituzione.

Dall’estate 2006, infatti, è operativa nell’ovest dell’Afghanistan la Task Force 45 (“la più grande unità di forze speciali mai messa in campo dall’Italia dai tempi dell’operazione Ibis in Somalia” secondo l’esperto militare Gianandrea Gaiani) comprendente i Ranger del 4° Alpini, gli incursori del Comsubin, il 9° Col Moschin e il 185° Rao della Folgore. In tutto circa duecento uomini, impegnati fin dal settembre 2006 nell’operazione segreta 'Sarissa' (la lancia delle falangi oplitiche macedoni) volta a combattere i talebani a fianco delle Delta Force statunitensi e delle Sas britanniche, in particolare nella provincia occidentale di Farah.

L’ultima battaglia a cui gli italiani hanno preso parte risale allo scorso novembre (riconquista del distretto del Gulistan), quando sono entrati in azione gli elicotteri da attacco italiani A-129 Mangusta e i cingolati da combattimento Vcc-80 Dardo in dotazione ai bersaglieri del 1° reggimento della brigata Garibaldi, giunti in Afghanistan lo scorso maggio. Data dalla quale la Tf-45 impegnata nell’operazione Sarissa può contare anche sull’appoggio dei nostri aerei spia Predator e degli elicotteri da trasporto e assalto Sh-3d.

Durante il governo Prodi l’impegno militare italiano in Afghanistan è costantemente aumentato sia numericamente (oggi l’Italia ha in quel Paese 2.350 soldati, 550 in più di quelli schierati durante il governo Berlusconi) che qualitativamente (truppe e mezzi da combattimento).
Nei giorni scorsi il sottosegretario alla Difesa, Lorenzo Forcieri, ha dichiarato che “non bisogna illudersi: dovremo restare in Afghanistan molto a lungo”.

Il governo italiano continua a parlare di un “ripensamento della strategia” della Nato in Afghanistan, auspicando un maggior coinvolgimento dell’Onu e una conferenza di pace. Anche secondo gli Stati Uniti è il momento di dare una svolta alla missione, ma in senso opposto: a dicembre il capo del Pentagono, Robert Gates, ha dichiarato che in Afghanistan “la Nato deve spostare la sua attenzione dall’obiettivo primario della ricostruzione a quello di condurre una classica controinsurrezione”.

Alla luce di tutto questo, quale sarà il comportamento Suo e del Suo partito al momento del voto sul rifinanziamento alla missione in Afghanistan?

Leaving Jesusland

(by NoFX)

We call the heartland not very smartland,
IQ's are very low but threat levels are high

They got a mandate, they don't want man-dates,
they got so many hates and people to despise


In the dust bowl, cerebral black hole,
the average weight is well over 200 pounds

I hate to generalize, but have you seen the thighs,
most haven't seen their genitalia in a while


Maybe that's why they're so pissed at us
They're all jealous we're having better sex

Queers, transgends, and lesbians, vegans and vegetarians
All you brownish red and yellow ones come out and join us on the coast

No longer svelte, they gotta punch new holes in the Bible belt
They've blown out the fire under the melting pot,
the red blood of America is starting to clot

No compromise, no sight thru others' eyes,
they're just flies spreading pieces of shit

You gotta emigrate, stop living in hate,
what makes this country great is dwelling on either side


They don't want visitors in Jesusland
They want life bland and canned in the fatherland

We want people with college degrees, drug use experience and STD's
People with open-minded philosophies, come hug California trees
Cultural revolution now, neo-conservatives run outta town
We're gonna burn Orange County down,
And then we're off to Riverside, Bakersfield and Fresno too,
then we're comin' after you


The fear stricken, born again Christian, they got a vision a homogenized state
Texas textbooks, Bibles, and prayer books,
They want them memorized, but don't want you to think

They don't want visitors in Jesusland
They want life bland and canned in the fatherland

Punk Rockers and emo kids, people doin' things the church forbids
Buddhists, agnostics, and atheists we're moving out of jesusland
Art students and thespians, (excluding country) all the musicians
We want all hookers and comedians, nihilists are welcome too

No longer svelte, they gotta punch new holes in the Bible belt

L'alimentazione vegana

Quando si pensa a qualcuno che vive senza mangiare carne né alcun altro prodotto d'origine animale si è subito portati a immaginarlo come una persona ad alto rischio di carenze alimentari. Siamo culturalmente condizionati a generare questo tipo di pensieri. E ciò non solo perché l'industria dello sfruttamento animale a scopo alimentare è una delle più potenti del pianeta, ben collegata ai media e riverita da tutti i governi. Ma perché da quando esiste la società umana esiste anche lo sfruttamento degli animali non umani per scopi alimentari. Tanto che a molti il nutrirsi di carne appare come una delle conquiste della "civiltà". Altri invece lo considerano un fatto naturale, ordinato in qualche modo dalla biologia stessa...

Si potrebbe parlare molto di quanto "naturale" sia mangiare animali per un Homo sapiens sapiens, sempre che prima ci si sia accordati su cosa l'aggettivo "naturale" voglia esattamente dire... Con una certa approssimazione, si potrebbe dire che la dieta per noi più "naturale" sia quella che seguivano i primi esemplari della nostra specie - nella misura in cui loro senz'altro più di noi "seguivano" ciò che la "natura" li spingeva a fare. Ma il concetto stesso di "natura" è opinabile e culturalmente condizionato, e dunque tutto il discorso lo si deve fare con riserva.
Non sappiamo esattamente di cosa quegli individui si nutrissero, ma sembra che la maggior parte del fabbisogno calorico fosse garantita da semi, frutta e radici selvatiche. La carne giocava un ruolo relativamente secondario, dato che la caccia alla grossa fauna era possibile solo in gruppo, ed era necessario poi l'uso del fuoco per rendere mangiabili i resti animali.

Quello che la biologia ci dice invece senza ombra di dubbio riguardo ai nostri progenitori, è che fossero degli onnivori. O meglio, degli "onnivori opportunisti", come si dice nel linguaggio scientifico. Ciò vuol dire che potevano mangiare praticamente tutto ciò che volevano e che riuscivano a trovare nel loro habitat. E che i loro organismi avevano acquisito la capacità di poter sopravvivere nutrendosi di un ampio ventaglio di cibi, senza dipendere strettamente da questo o quel cibo, e senza necessariamente doversi nutrire di "tutto" (errore questo molto comune, quando si pensa a un animale onnivoro).
In altre parole, potevano vivere in modo completamente vegetariano, in modo prevalentemente vegetariano (con un apporto di carne saltuario) o in modo prevalentemente carnivoro (dove l'abbondanza di carogne o di specie vive ma facilmente cacciabili consentiva questo stile di vita).
Dunque, se proprio vogliamo appellarci alla nostra biologia, dobbiamo partire dal fatto che siamo degli onnivori opportunisti. E dobbiamo concludere che il modo di mangiare per noi più "naturale" sia quello che ci scegliamo noi stessi, in base alle "opportunità" che la nostra vita ci consente.

Di fatto però, i più recenti studi confermano che una dieta completamente vegetariana è quella che maggiormente giova alla salute dell'Homo sapiens sapiens. I benefici più consistenti si riscontrano verso le malattie cardovascolari (infarto, ictus), molti tipi di cancro (particolarmente quello della prostata e dell'intestino) e verso le malattie degenerative senili (Parkinson, Alzheimer). Sembra anche che la durata della vita sia aumentata dalla dieta completamente vegetariana (vegana).

Il pensiero che chi esclude dalla propria dieta tutti i cibi d'origine animale rischi carenze nutrizionali è quindi privo di fondamento scientifico. Sembrerebbe sia necessario assumere la vitamina B12, ma nessuno studio è mai riuscito finora a dimostrare questo in modo del tutto convincente. La vitamina B12 è l'unica a non essere presente nei cibi d'origine vegetale (vi sarebbe in realtà presente naturalmente, prodotta dai funghi e dai batteri che vivono sulla superficie non trattata delle verdure allo stato naturale, ma i lavaggi e i trattamenti industriali impediscono questa eventualità). L'integrazione della vitamina B12 viene quindi attualmente consigliata, a scopo puramente precauzionale, a chi segua una dieta vegana.

Sempre a scopo precauzionale - dato che anche in questo caso nessuno studio ha mai documentato una maggior facilità a sviluppare carenze nutrizionali nei vegani piuttosto che negli onnivori - viene anche consigliata l'integrazione del calcio e della vitamina D (per quanto riguarda quest'ultima, specialmente a chi vive in climi dove l'irradiazione solare è bassa, e soprattutto in inverno: questo perché la vitamina D viene normalmente prodotta dall'organismo tramite l'esposizione della pelle alla luce solare).

Quanto al ferro, non c'è alcuna prova che un vegetariano possa essere soggetto ad anemia più facilmente di un onnivoro. Tuttavia, e anche qui a scopo precauzionale, per facilitare l'assunzione di questo minerale da fonti vegetali, viene consigliato di associare nello stesso pasto cibi ricchi di ferro (come i legumi) a cibi ricchi di vitamina C (come gli agrumi), poiché la vitamina C facilita l'assimilazione del ferro. Mentre è sconsigliato associare - per il motivo opposto - a cibi ricchi di ferro i cibi ricchi di calcio (come il tè, o i latticini), perché sembra ostacolino l'assunzione del ferro (sempre se associati nello stesso pasto).

Riguardo al calcio, i vegetariani non hanno alcun problema, poiché questo minerale è ben presente in un ampio numero di verdure. Inoltre, molti studi indicano che il bisogno di calcio per un vegetariano è inferiore a quello di un onnivoro. Questo perché una dieta onnivora introduce solitamente nell'organismo un eccesso di proteine (d'origine animale): un tale surplus proteico viene espulso con le urine, e in questo processo viene consumata una discreta quantità di calcio. Col tempo quindi una dieta onnivora, pur fornendo all'organismo un alto livello di calcio attraverso l'alimentazione, finisce per sottrargliene una quantità ingente per "riaggiustare" l'equilibrio nutritivo del corpo. Questa sottrazione di solito avviene attingendo alle "miniere" di calcio del nostro corpo: le ossa in primis. Ciò spiega come mai popolazioni storicamente vegetariane sembrano immuni verso malattie che comportano carenze di calcio nelle ossa, come l'osteoporosi - comunissima invece nelle società carnivore (l'osteoporosi è infatti considerata una delle cosiddette "malattie del benessere").

In conclusione, una dieta d'origine completamente vegetale (vegana) non pone alcun rischio di carenze, fintanto che venga ben bilanciata in vitamine e minerali e che risponda al fabbisogno calorico dell'individuo. Una base di cereali (pane, pasta, riso, mais, ecc.) associata a un apporto discreto di legumi (ceci, fagioli, lenticchie, soia, ecc.) fornisce tutte le proteine e gli amminoacidi essenziali all'organismo.
Non è necessario fare alcun equilibrismo, alcun salto mortale per armonizzare cereali e legumi nello stesso pasto, come si credeva fino a poco tempo fa. Né è imprescindibile assumere soia. La soia contiene tutti gli amminoacidi essenziali (i legumi nostrani, come ceci o fagioli, ne contengono la maggior parte); ma basta assumere ceci o fagioli assieme a cereali (per es. pane o pasta) ed ecco che gli amminoacidi essenziali sono garantiti dallo stesso pasto.
A questa base vanno aggiunti frutta e verdura - meglio se freschi e crudi, o cotti leggermente (una cottura intensa elimina gran parte dei nutrienti) - e possibilmente un pò di semi (sesamo, lino, ecc.) o frutta secca (mandorle, noci). Nient'altro è necessario per vivere in salute con una dieta vegetariana.

(by Francesco)

Discorso di un capo indio ai governi europei

I paesi "in via di sviluppo" continuano a pagare ai paesi occidentali "industrialmente avanzati" ingenti somme per sanare il loro debito esterno... ma quali sono i veri debitori e quali i veri creditori? Le colonie o i colonizzatori? Su quale capitale iniziale poggia il capitalismo europeo? A cosa è dovuta la differenza di sviluppo industriale tra Europa, Africa, Sudamerica?

Ecco il discorso che il Cacique Guaicaipuro Cuatémoc pronunciò a Barcellona ad una riunione dei capi di stato della Comunità Europea (08/02/2002). L'attuale presidente venezuelano Hugo Chavez ha suggerito al re di Spagna, Don Juan Carlos de Borbón, di rileggerselo...

***
Cosi' sono qua, io, Guaicaipuro Cuautemoc, sono venuto a incontrare i partecipanti a questo incontro.
Cosi' sono qua, io, discendente di coloro che popolarono l'America quarantamila anni fa, sono venuto a trovare coloro che la "scoprirono" cinquecento anni fa.
Cosi' ci troviamo tutti: sappiamo chi siamo, ed e' gia' abbastanza. Non abbiamo bisogno di altro.
Il fratello doganiere europeo mi chiede carta scritta con visto per consentirmi di scoprire coloro che mi scoprirono. Il fratello usuraio europeo mi chiede di pagare un debito contratto da traditori che non ho mai autorizzato a vendermi. Il fratello avvocatuccio europeo mi spiega che ogni debito si paga con gli interessi, anche fosse vendendo esseri umani e paesi interi senza chiedere il loro consenso. Questo è quello che sto scoprendo.

Anch'io posso pretendere pagamenti.
Anch'io posso reclamare interessi.
Fa fede l'Archivio delle Indie.
Foglio dopo foglio, ricevuta dopo ricevuta, firma dopo firma, risulta che solamente tra il 1503 ed il 1660 sono arrivati a San Lucas de Barrameda 185mila chili di oro e 16 milioni di chili d'argento provenienti dall'America.
Saccheggio? Non ci penso nemmeno!! Perché pensare che i fratelli cristiani disobbediscano al loro settimo comandamento?
Spoliazione? Tanatzin mi guardi dall'immaginare che gli europei, come Caino, uccidano e poi neghino il sangue del fratello!
Genocidio? Sarebbe dar credito a calunniatori come Bartolomé de las Casas che considerarono quella scoperta come la distruzione delle Indie, o ad oltraggiosi come il dottor Arturo Pietri che sostiene che lo sviluppo del capitalismo e dell'attuale civiltà europea sia dovuto all'inondazione di metalli preziosi!

No! Questi 185mila chili di oro e 16 milioni di chili d'argento devono essere considerati come il primo di vari prestiti amichevoli dell'America per lo sviluppo dell'Europa. Pensare il contrario vorrebbe dire supporre crimini di guerra, il che darebbe diritto non solo a chiedere la restituzione immediata ma anche l'indennizzo per danni e truffa.

Io, Guaicaipuro Cuautemoc, preferisco credere alla meno offensiva delle ipotesi.
Una così favolosa esportazione di capitali non fu altro che l'inizio del piano Marshalltezuma teso a garantire la ricostruzione della barbara Europa, rovinata dalle sue deplorabili guerre contro i culti musulmani, difensori dell'algebra, della poligamia, dell'igiene quotidiana e di altre superiori conquiste della civiltà.

Per questo, avvicinandosi il Quinto Centenario del Prestito, possiamo chiederci: i fratelli europei hanno fatto un uso razionale, responsabile, o perlomeno produttivo delle risorse così generosamente anticipate dal Fondo Indoamericano Internazionale?
Ci rincresce dover dire di no.
Dal punto di vista strategico le dilapidarono nelle battaglie di Lepanto, nelle armate invincibili, nei terzi Reich ed in altre forme di reciproco sterminio, per finire poi occupati dalle truppe yankee della Nato, come Panama (ma senza canale).
Dal punto di vista finanziario sono stati incapaci - dopo una moratoria di 500 anni - sia di restituire capitale ed interessi che di rendersi indipendenti dalle rendite liquide, dalle materie prime e dall'energia a basso costo che gli esporta il Terzo Mondo.

Questo deplorevole quadro conferma l'affermazione di Milton Friedman secondo il quale un'economia assistita non potrà mai funzionare e ci obbliga a chiedere - per il loro stesso bene - la restituzione del capitale e degli interessi che abbiamo così generosamente aspettato a richiedere per tutti questi secoli.

Detto questo, vorremmo precisare che non ci abbasseremo a chiedere ai fratelli europei quei vili e sanguinari tassi d'interesse variabile del 20 fino al 30% che i fratelli europei chiedono ai paesi del Terzo Mondo. Ci limiteremo a esigere la restituzione dei materiali preziosi prestati, piu' il modico interesse fisso del 10% annuale accumulato negli ultimi trecento anni, condonando quindi gli altri 200.
Su questa base, applicando la formula europea dell'interesse composto, informiamo gli scopritori che ci devono, come primo pagamento del loro debito, soltanto 185mila chili di oro e 16 milioni di chili d'argento ambedue elevati alla potenza di trecento.
Come dire, un numero per la cui espressione sarebbero necessarie piu' di trecento cifre, e il cui peso supera ampiamente quello della Terra.
Com'è pesante questa mole d'oro e d'argento! Quanto peserebbe calcolata in sangue? Addurre che l'Europa in mezzo millennio non ha saputo generare ricchezze sufficienti a cancellare questo modico interesse sarebbe come ammettere il suo assoluto disastro finanziario e/o la demenziale irrazionalità delle basi del capitalismo.

Tuttavia queste questioni metafisiche non affliggono noi indioamericani. Però chiediamo la firma immediata di una carta d'intenti che disciplini i popoli debitori del vecchio continente e li obblighi a far fede al loro impegno tramite un'immediata privatizzazione o riconversione dell'Europa perché ci venga consegnata per intero come primo pagamento di questo debito storico.

Dicono i pessimisti del Vecchio Mondo che la loro civiltà versa in una bancarotta tale che gli impedisce di tener fede ai loro impegni finanziari o morali.
In tal caso ci accontenteremo che ci paghino dandoci la pallottola con cui uccisero il poeta.
Ma non potranno.

Perché quella pallottola è il cuore dell'Europa.

Guaicaipuro Cuautémoc

Regime pitagorico

Anche stavolta come in passato (specialmente quando si parla di "vegetarianismo"), questo articolo contiene in egual misura spunti interessanti ed affermazioni opinabili, che non ho voglia di star a rielaborare... beccatevelo così com'è!

CORPO SANO, ANIMA PURA: È IL TEOREMA DI PITAGORA
di Marino Niola

Pane e miele al mattino, verdura fresca la sera. è questo il teorema di Pitagora. La formula alimentare che mette matematicamente d'accordo la salute del corpo con la purezza dell'anima. Un modo di mangiare eticamente corretto. Senza deplorevoli spargimenti di sangue. L'inventore delle tabelline è il simbolo stesso del vegetarianesimo occidentale. Al punto che fino all'Ottocento, quando compare per la prima volta il termine vegetariano, qualunque regime privo di carne si chiama semplicemente pitagorico.

La scelta vegetariana non è solo roba da dietologi. Sin dall'origine è il controcanto nutrizionale di una filosofia.
È una moratoria alimentare proclamata in nome dei diritti del vivente. Pitagora crede che dopo la morte l'anima possa reincarnarsi negli animali. Ragion per cui mangiar carne è una cosa da cannibali. Oltre che da ottusi materialisti sempre pronti a menar le mani. Una bistecca sanguinolenta, oltre a togliere lucidità, rende feroci e spietati. Trasforma insomma l'uomo in lupo dell'altro uomo.

Se Pitagora in materia di proteine è integralista, il mite Socrate non gli è da meno. Per ragioni solo in parte nutrizionali, ma soprattutto etiche. E perfino politiche. La carne intossica l'anima e il corpo. Ma, quel che è peggio, fa male alla collettività. Per avere costolette per tutti è necessario intensificare l'allevamento a scapito dell'agricoltura con grave danno per la spesa sanitaria e per la pace. Più carne uguale più malattie, più lavoro per i medici, più guerre di espansione. Mentre frutta, verdura e legumi sono energia sostenibile. Un mangiare pacifista.

Di più, considerare gli animali degli esseri viventi, e non dei semplici alimenti a disposizione del signore del creato, innesca un circolo virtuoso tra ecologia e filantropia, animalismo e bontà. Plutarco, autore di un trattato contro la caccia, sostiene infatti che l'amore per gli animali educa gli uomini alla pietà verso i loro simili. E con anticipo di venti secoli sull'attuale argomento salutista, l'autore delle Vite parallele considera l'uomo vegetariano per natura. Perché il suo apparato digerente lo renderebbe intollerante a cosciotti, coratelle e spuntature. Il vegetariano, insomma mangia per vivere. Bene e in equilibrio con la natura. Il carnivoro invece vive per mangiare. Di tutto e di più.

Esattamente lo stesso argomento di Gandhi e di John Harvey Kellog, l'inventore dei corn flakes, la colazione pulita che ha fatto fuori il bacon. Al fondo del vegetarianesimo di ieri e di oggi c'è dunque un imperativo categorico che si traduce in regime alimentare. L'uomo non è il padrone del mondo. Gli animali gli sono fratelli e non sudditi.
È questo afflato equo e solidale verso il vivente che spiega la fortuna di erbe e legumi presso le anime belle di tutti i tempi. Da Platone a Leonardo, da Jean-Jacques Rousseau a Lev Tolstoj, da Albert Einstein ai Beatles, dal Dalai Lama a Tiziano Terzani, da Margherita Hack a Lisa Simpson. Unica eccezione che conferma la regola: Adolf Hitler.

Oggi i fan della proteina nonviolenta sono in crescita esponenziale. Un po' per ragioni salutiste, un po' per ragioni naturiste il vegetarianesimo, più o meno radicale, è entrato nel paniere del cittadino politically correct. Una sorta di obiezione di coscienza alimentare che ci libera dalle colpe della carne gratificando il nostro Super io neopitagorico. Così ci mettiamo a tavola finalmente in pace con il mondo. Senza doverci chiedere ogni volta di che cosa è morto il nostro cibo.

Intollerante è chi non accetta il dissenso!

Comunicato Stampa della Rete per l'Autoformazione

martedì 15 gennaio 2008
Una grande vittoria, una pagina importante della vita politica del paese. Non tanto e non solo perché il papa ha deciso di rinunciare all'inaugurazione dell'anno accademico de La Sapienza previsto per giovedì 17 gennaio, ma anche e soprattutto perché una verità è stata confermata. La decisione del papa, infatti, dimostra in modo evidente che le istituzioni ecclesiastiche di Benedetto XVI non accettano dissenso, né differenza, né libertà di parola. L'occupazione del rettorato che abbiamo fatto quest'oggi è stata un grande successo perché ha ottenuto un risultato che qualifica la democrazia e ne garantisce il funzionamento: la libertà di espressione, la libertà di contestare opinioni, posizioni e poteri che vengono ritenuti lesivi dei diritti di tutt*.

Non si è trattato né di violenza, né di una cacciata, ma di un esercizio di libertà! L'attacco ai diritti e alle libertà da parte di papa Ratzinger non è cosa nuova e non è invenzione intollerante di un gruppuscolo di laici: ogni giorno gli attacchi alla 194, alla decisione delle donne; ogni giorno l'attacco alle libere scelte sessuali; ogni giorno la crociata contro la laicità delle istituzioni pubbliche. Per non parlare della richiesta pressante di destinare le risorse pubbliche alle strutture formative e di cura cattoliche (lo schiaffeggiamento per Veltroni e Marrazzo della scorsa settimana).

Questo papa è persona di grande intelligenza, dotato di un pensiero forte, indisponibile alle mediazioni: oggi lo ha dimostrato in modo chiaro (a noi e a tutti quelli che per il loro vuoto politico attendevano una benedizione)! Dicendo di no all'inaugurazione Ratzinger non lascia dubbi, né ambiguità: non accetta la possibilità di critica e di dissenso. Non è il pericolo sicurezza che lo ha spinto a rinunciare, ma il fatto che docenti e studenti ritenevano la sua visita inopportuna e hanno lottato in questi giorni per poter pronunciare queste parole. La richiesta di non militarizzare l'università, la richiesta di poter contestare la sua presenza all'interno della città universitaria evidentemente lo ha indispettito. La disarmonia che tiene lontano il papa per noi ha un altro nome, si chiama democrazia. L'università non è una famiglia, ma uno spazio pubblico, dove la ragione si esercita con il confronto e le divergenze, anche aspre.

Chi sono dunque gli intolleranti? È questa la domanda che rivolgiamo alla stampa e alla politica. È intollerante chi chiede di poter manifestare all'interno della propria università o chi voleva una vetrina senza incrinature e senza rumori dissonanti?

Un elogio va al coraggio dei tanti docenti che con fermezza e passione hanno detto quanto tutta la comunità scientifica italiana avrebbe dovuto dire a gran voce: il pensiero di Ratzinger non ha a cuore la scienza e l'autonomia della ricerca. Questa affermazione che da sola giustifica tanto coraggio sembra suono impercettibile per i tanti che nel mondo politico attaccano docenti e studenti, definendoli mostri laici e integralisti. Ci vuole davvero scarsa dignità a non prendere sul serio le parole di Ratzinger, perché solo chi non le prende sul serio può ritenerle innocue per la scienza, per i diritti, per la libertà, per i desideri.

Invitiamo, infine, tutt*, studenti e precari, ricercatori e docenti, sindacati di base e centri sociali, associazioni della società civile, a partecipare alla conferenza stampa di domani, sotto la statua della Minerva finalmente libera, e alla manifestazione che si svolgerà sotto la scalinata di Lettere giovedì mattina a partire dalle ore nove. Una festa e una manifestazione nello stesso tempo, tenendo in conto che per gli studenti e i precari le politiche della sinistra di Veltroni e di Mussi in materia di università e di ricerca sono inaccettabili, oltre che lesive.

W la Minerva libera!

Fonte:
www.uniriot.org - Network delle facoltà ribelli, spazio di dibattito, autorganizzazione, autoformazione e conflitto nell'università

Mass destruction

by Faithless_
My dad came into my room holding his hat
I knew he was leaving,
he sat on my bed told me some facts, son.
I have a duty, calling on me
You and your sister be brave my little soldier
And don't forget all I told ya
Your the mister of the house now remember this
And when you wake up in the morning give ya momma a kiss
Then I had to say goodbye

In the morning woke momma with a kiss on each eyelid,
Even though I'm only a kid
Certain things can't be hid
Momma grabbed me
Held me like I was made of gold
But left her inner stories untold
I said, momma it will be alright
When daddy comes home, tonight

Whether long range weapon or suicide bomber
Wicked mind is a weapon of mass destruction
Whether you're soar away sun or BBC 1
Misinformation is a weapon of mass destruction
You could a Caucasian or a poor Asian
Racism is a weapon of mass destruction
Whether inflation or globalization
Fear is a weapon of mass destruction

Whether Halliburton or Enron or anyone
Greed is a weapon of mass destruction
We need to find courage, overcome
Inaction is a weapon of mass destruction

The skin under my chin is exploding again
I'm getting stress from some other children
I'm holding it in.
We taking sides like a politician
And if I get friction, we get to fighting
I defend my dad, he's the best of all men
And whatever he's doing, he's doing the right thing
It's frightening, but it makes me mad
Why do all these people seem to hate my dad
And if that aint enough now I got these spots
I go to sleep every night with my stomach in knots
And what's more, I can hear momma next door
Explore the radio for reports of war
And all we ever seem to do
Is hide the tears
Seem like daddy been gone for years
But he was right
Now I'm geared up for the fight
And he would be proud of me
If my daddy come home tonight
Listen me calmly

Whether long range weapon or suicide bomber
Wicked mind is a weapon of mass destruction
Whether you're soar away sun or BBC 1
Misinformation is a weapon of mass destruction
You could a Caucasian or a poor Asian
Racism is a weapon of mass destruction
Whether inflation or globalization
Fear is a weapon of mass destruction

Whether Halliburton or Enron or anyone
Greed is a weapon of mass destruction
We need to find courage, overcome
Inaction is a weapon of mass destruction

My story stops here, lets be clear
This scenario is happening everywhere
And you ain't going to nirvana or farvana
You're coming right back here to live out your karma
With even more drama than previously, seriously
Just how many centuries have we been
waiting for someone else to make us free
And we refuse to see
That people overseas suffer just like we
Bad leadership and ego's unfettered and free
Who feed one the people they're supposed to lead
I don't need good people to pray and wait
For the lord to make it all straight
There's only now, do it right.
Cos I don't want your daddy, leaving home tonight

La pace minacciata

Non è la fame o la povertà di milioni di persone,
non sono le malattie o l'educazione negata,
non è la lotta per le risorse naturali, le degenerazioni del neoliberismo
o le violazioni dei diritti umani...

In occasione della Giornata Mondiale della Pace, Papa Benedetto XVI vede nel riconoscimento di unioni civili alternative alla "famiglia naturale, fondata sul matrimonio tra uomo e donna" la principale minaccia alla pace nel mondo.