Meno carne, più cibo

RIDURRE GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI
PER SFAMARE I PAESI POVERI

Comunicato Stampa LAV, 9 lug 08
Lav diffonde Rapporto sull'industria animale realizzato dalla Wspa.

L’attuale crisi mondiale alimentare figura tra le priorità nell’agenda dei lavori del vertice del G8, riunito da ieri in Giappone, durante il quale il Primo Ministro giapponese auspica una decisione comune rispetto alla questione.

All’interno del summit di quest’anno, infatti, i leader degli 8 maggiori Paesi industrializzati prevedono di concordare la formazione di una task force per affrontare la crisi mondiale alimentare. Tale gruppo avrà lo scopo di affrontare il problema immediato di carenza alimentare dei paesi più poveri, così come sfide a lungo termine, quali l’incremento della produzione alimentare.

Per affrontare il problema dal punto di vista del benessere animale, l’associazione internazionale WSPA (Società mondiale per la Protezione degli Animali), ha realizzato un rapporto, diffuso in Italia dalla LAV, intitolato “INDUSTRIAL ANIMAL AGRICULTURE – PART OF THE POVERTY PROBLEM” (L’INDUSTRIA DELL’ALLEVAMENTO ANIMALE - PARTE DEL PROBLEMA POVERTA’), nel quale mette in evidenza quanto l’allevamento intensivo di animali, destinati al consumo alimentare umano del 20% della popolazione mondiale che risiede nei Paesi industrializzati, incida considerevolmente sulla scarsità di risorse alimentari per i Paesi più poveri.

L’esperto di alimentazione e agricoltura Colin Tudge, che ha scritto la prefazione al rapporto della WSPA ed è l’autore di “Sfamare le popolazioni è facile”, ponendo l’accento sull'impatto dell’allevamento industrializzato di animali sulla povertà a livello mondiale, ha dichiarato: "La relazione della WSPA va diritto al cuore della questione, praticamente, moralmente e politicamente, dimostrando che l’allevamento industrializzato di animali influisce negativamente sulla povertà globale in una dozzina di modi diversi. "

Il rapporto della WSPA propone di esaminare il problema dalla radice, riconsiderando il sistema economico fin qui adottato, e suggerendo, tra le altre soluzioni al problema della carenza di cibo, la rinuncia o la riduzione del consumo di carne, per garantire che i raccolti mondiali di grano possano alimentare il maggior numero di persone possibile.
Il benessere degli animali, quindi, deve essere parte della soluzione del problema della fame e la povertà mondiali.

“Il G8 ha la grande opportunità di accogliere le proposte che ormai vengono da organismi di tutto il mondo e indirizzare chiaramente a una riduzione delle produzioni animali a livello mondiale, liberando ingenti quantità di proteine vegetali impiegabili da subito per contrastare la crisi alimentare mondiale. – dichiara Roberto Bennati Vicepresidente LAV – Non sono più sostenibili scelte alimentari che mirano ad incentivare consumi animali, responsabili della distruzione di foreste, dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento e anche della diffusione delle malattie, come testimoniato da rapporti della FAO. E’ necessario ridurre o eliminare i consumi di animali e promuovere modelli di sviluppo capaci di dare cibo a tutti gli abitanti del pianeta in un sistema di efficace e democratica ripartizione delle risorse”.


Punti chiave della relazione WSPA:

• Ci sono ancora 854 milioni di persone sottoalimentate in tutto il mondo, di cui 820 milioni nei paesi in via di sviluppo, 25 milioni nei paesi in “transizione” e 9 milioni nei paesi industrializzati (dati FAO 2001-2003).
• La storia ha dimostrato che l'allevamento industriale degli animali ha un effetto devastante sugli allevamenti a conduzione familiare, i piccoli agricoltori e le comunità rurali.
• La fame e la malnutrizione uccidono più di cinque milioni di bambini ogni anno, e il costo per i paesi in via di sviluppo corrisponde a miliardi di dollari in perdita di produttività.
• La crescita dei sistemi intensivi di allevamento nei paesi in via di sviluppo minaccia la sostenibilità sia delle popolazioni rurali sia i tradizionali sistemi di produzione alimentare.
• Le grandi aziende di allevamento intensivo di animali tendono alla riduzione dei costi, diminuendo il numero degli addetti, e modificando il patrimonio genetico degli animali.
• Sarebbe più efficace coltivare vegetali commestibili che hanno una buona resa e che possano essere utilizzati direttamente per l’alimentazione umana.
• Il Consiglio Mondiale Alimentare delle Nazioni Unite ha stimato che il trasferimento di “una percentuale tra il 10% e il 15% dei cereali ora utilizzato per l’allevamento degli animali sarebbe sufficiente a garantire l’approvvigionamento alimentare per gli attuali livelli della popolazione umana".

(Disponibile in formato elettronico il rapporto completo “INDUSTRIAL ANIMAL AGRICULTURE – PART OF THE POVERTY PROBLEM” - © WSPA 2007).

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